Scordatevi Raimi, ché Nella casa succede tutt’altro. Già, ma che succede? Una cosa vecchia come il mondo: tu dai una cosa a me e io do una cosa a te (do ut des).

Ognuno, ovvio, dà quello che può: la fantasia unita ad un talento letterario di prim’ordine che si traduce in una sorta di romanzo a puntate scaturito da quanto di più banale possa esistere: “Descrivete come avete trascorso il fine settimana”, ed è il caso dello studente (Ernst Umhauer). Una sorta di protettorato allargato fatto di consigli, critiche e sotto sotto un pacco di invidia, ed è la volta dell’altro membro della coppia, il professore (Fabrice Luchini) dello studente in questione.

Di solito quando le cose stanno così finisce in tragedia (uno si stufa e l’altro no, di solito…), ma François Ozon, che del film è regista, frena perché pare più interessato a quello che bolle in pentola quando c’è di mezzo il processo artistico, genesi che in questo caso riguarda la creazione letteraria che è questione delicata fatta di istinto, talento e un pizzico di tecnica (che non guasta mai). Se poi ci mettete il finale (che la locandina anticipa…) di fronte al quale non si può non pensare a La finestra sul cortile (due personaggi seduti su una panchina e sullo sfondo un condominio dove pullulano le finestre…) tutto quello che abbiamo visto, ispirazione e modi di declinarla, sembra riconducibile al fatto che come sosteneva Bukowski “la gente è il più grande spettacolo del mondo e non si paga il biglietto”.