Non dovreste leggere le sinossi o le anticipazioni sulla trama di Confessions, vi dicono veramente più di quanto sia necessario.

Il migliore approccio è non sapere nulla della storia, dei personaggi, scoprendo tutto man mano che le “confessioni” mettono in luce l'intreccio di tragedie umane narrato dal film.

Una lezione che inizia come le tante che la professoressa Yuko Morigochi ha tenuto alla sua classe scuola media è solo l'inizio lento dell'esposizione di uno spaccato di vita che esplode in modo dirompente.

Ci sono morti, delitti, tutto il senso e il non senso del rapporto tra la vita e la morte, tra la logica e l'illogica. Impossibile fermarsi su un tema e dire quale sia il più pregnante. Tutto ha senso, ogni particolare, ogni singola parola degli efficaci dialoghi, ogni fotogramma.

È un film da seguire con grande attenzione, non un facile intrattenimento quello che vi aspetta.

Il rapporto tra genitori e figli, tra insegnanti e allievi è sicuramente un tema portante. La gestione del contatto umano in una scuola in cui il politicamente corretto ha provocato più danni che benefici è lambito, ma non è fulcro della vicenda. Più che altro diventa uno strumento narrativo in momenti chiave.

I colpi di scena sono logici una volta rivelati, ma non sono mai prevedibili. Come tutte le idee geniali diventano le uniche idee possibili solo dopo che ne siamo stati edotti.

Impotenza di fronte a ciò che accade è una parola chiave che mi trova d'accordo. Vorremmo fare in modo che le cose siano diverse, ma non possiamo. Rimaniamo spettatori a cui rimane solo di fare tesoro dell'esperienza nella propria vita.

Tutto questo senza che il film sia moralista o didattico. La migliore lezione è quella che non sembra tale. Non siamo davanti a un documentario sociologico sulla disgregazione del sistema scolastico e dei rapporti umani, ma i concetti espressi non risultano meno pregnanti.

Insomma siamo davanti a una di quelle volte in cui la narrazione assume significatività maggiore o uguale a quella di un saggio.

Ad aiutare l'esposizione della storia ci sono immagini di rara eleganza, le canzoni dei Radiohead e la musica dodecafonica, un montaggio geniale che è parte integrante della narrazione.

Gli attori sono tutti bravissimi, misurati anche quando le esigenze di storia portano sopra le righe, in una sola parola: credibili. La fotografia di Ato Shoichi e Ozawa Atsushi è pura poesia.

Nakashima Tetsusya si conferma uno dei registi giapponesi di maggiore talento, un astro in ascesa nella filmografia mondiale.