C'erano una volta gli anni 80. E ci sono ancora, almeno a giudicare da questo autentico raduno di reduci che è Jimmy Bobo -Bullet to the Head.

Walter Hill è il regista che definito il genere all'epoca con 48 Ore e Danko. L'occasione per il suo ritorno dopo undici anni è l'adattamento cinematografico di un fumetto Du plomb dans la tête di Alexis Nolent, alias Matz.

Jimmy Bobo (Sylvester Stallone) è un sicario di New Orleans che conosciamo letteramente in media res, mentre con il suo socio esegue uno dei suoi lavori. Subito comprendiamo che non è il solito killer, perché non ama uccidere gli innocenti. Ma non è per questo che il suo committente lo frega, inviando contro i due killer il mercenario Keegan (Jason Momoa) che uccide il suo socio.

Per vendicarsi Jimmy si troverà suo malgrado stringere una insolita alleanza con Taylor Kwon (Sung Kang). un poliziotto proveniente dal Washington D.C., che ha visto anch'egli cadere sul campo il suo partner e al quale interessano la giustizia e l'arresto dei colpevoli. Accade così che pur con intenzioni e motivazioni diverse i due scopriranno e sventeranno i piani di una organizzazione criminale volta alla corruzione di politici e alle speculazioni edilizie con invischiato un ambiguo avvocato Marcus Baptiste (Christian Slater) e il faccendiere Morel (Adewale Akinnuoye-Agbaje). Il turbine delle vicende non risparmierà anche la figlia di Jimmy, Lisa (Sarah Shahi), che si troverà nel centro del mirino per la sua scomoda parentela.

Il cast è bene assortito. Stallone gioca su stesso, sulla sua faccia butterata, sul fisicaccio ancora prestante, persino sulla sua inespressività. Sung Kang è una spalla efficace e, no, non tira di arti marziali, a confermare la scelta non modaiola di Hill, rispettosa del testo originale. Momoa è diventato enorme, non c'è che dire, forse è un po' troppo gonfio rispetto a Conan e Game of Thrones, ma assolve al ruolo di Killer con motivazioni tutte proprie, una macchina inarrestabile che costerà una fatica enorme fermare. Slater e Akinnuoye-Agbaje sono cattivi al punto giusto. Dei poveri convinti che non sanno di avere un mirino sul volto sin dall'inizio.

La sceneggiatura di Alessandro Camon gioca in continuazione tra i cliché del noir anni '80, con battute che non possono non ricordare quelle dei tempi d'oro di Stallone, quando non citate esplicitamente. Hill fa il film che sa fare e che ha sempre saputo fare, senza concedersi bullet-time, slow motion, pistole piegate o stalli messicani di sorta. Dimenticateli.

A ritmo di musica, con scene fracassone, sparatorie adrenaliniche e cazzottoni il film sembra persino voler trasmettere una sorta di morale, seppur blanda, considerato che alla fine del film quello che sembrava essere un “cattivo”, ossia Jimmy, avrà ucciso solo delinquenti.

Poco importa se la storia tipica da western è vista e rivista, poco importa se taluni colpi di scena sono telefonatissimi. Quello che veramente importa è che Hill tra scene d'azione e ironia, confeziona un film divertente. Un giro sulle giostre da gustarsi tutto di un fiato.