Si può essere allergici – da vecchi lettori di romanzi di indagine e suspense – ai noir “filosofici”, “teologici”, “ecologici”, insomma a tutti quei romanzi che – ricetta vecchia di duemila anni almeno – cospargono col miele di un genere di successo l’amara medicina di profonde meditazioni sui problemi del mondo?

E può accadere che per un corto circuito dell’industria culturale, per una perversa eterogenesi dei fini – o, chissà, per l’infernale bravura dell’autore – un libro che si veste di noir per descrivere con la precisione di un referto psicanalitico la discesa all’inferno di un uomo comune, arricchendo il tutto con sapienti allusioni letterarie e spregiudicate autocitazioni, finisca per essere tutto sommato potabile?

È questo il caso – almeno per noi – di Ti ucciderò, opera prima del quarantatreenne spagnolo Rafael Gonzàlez Balanzà con cui si apre una nuova (e quindi meritoria) iniziativa editoriale dedicata al romanzo d’inchiesta, la “Biblioteca del giallo” della romana Atmosphere libri.

Vediamo assieme i capisaldi della vicenda.

Due vecchi amici, Cáceres e Valle, che hanno trascorso i loro anni giovanili nella rock band “I Divine”, si incontrano dopo parecchio tempo a Las Zalbias, città immaginaria della Spagna, dove abita il primo. Il tempo ha lasciato sulla loro anima parecchie ferite: Valle vive trascinandosi da un fallimento all’altro mentre Cáceres ha un negozio di animali e, con la moglie Virginia e i due figli Victoria e Mario, trascorre un’esistenza tutto sommato grigia e insoddisfatta. Valle, con apparente freddezza, annuncia all’amico che lo ucciderà: non perché quest’ultimo sia particolarmente responsabile della sua situazione, ma semplicemente perché, nella totale irrazionalità del mondo in viviamo, ha deciso di trovare – irrazionalmente – un capro espiatorio al bilancio fallimentare della sua vita.

Cáceres inizia così una sua lunga discesa nel tunnel della paranoia e della paura: crede, ma fino a un certo punto, che sia uno scherzo, ma ha diversi colloqui con Valle che invece conferma la sua intenzione; comincia ad avere dei problemi con Alberto Maños, direttore del centro commerciale dove ha il suo negozio e che improvvisamente muore suicida (ma si è veramente ucciso?); la moglie lo tradisce e i legami coi figli si allentano in modo più o meno traumatico (ma di chi è veramente la colpa?). Un primo imprevisto colpo di scena sembra concludere positivamente la vicenda; ma è solo l’ultimo colpo beffardo di un destino che riserva al nostro Cáceres un finale assai cupo.

Ah, dimenticavamo di dire che il romanzo, sin dall’inizio, appare scritto sotto forma di dialogo (o confessione?) con una persona che solo nelle ultime pagine svelerà la sua precisa identità; e che a un certo punto il protagonista si trova a leggere il racconto La risorsa dell’arpione “di un certo R. Balazay”, (scoperto alter ego dell’autore), che dovrebbe essere la chiave per capire il suo personale tormento.

Romanzo noir filosofico, dunque, che non si nega nulla della pesantezza di una scrittura che vuol qualificarsi come “colta”: ambientazione spazio-temporale indeterminata, echi kafkiani e wildiani, l’autocitazione di poc’anzi, la non sempre comprensibile profondità di certe riflessioni dei due vecchi rocker delusi dalla vita, dosi abbondanti di visioni oniriche, qualche concessione al sesso come usa tra persone di mondo; e il tutto per dire che viviamo in un mondo sopraffatto dall’insensatezza del vivere.

Eppure, nonostante questa imponente esibizione di “profondità” intellettuale, il lettore si sente spinto a seguire lo scivolamento progressivo del protagonista in una sorta di follia compensativa di quella dell’amico che invece sembra percorrere il sentiero contrario; e se il finale per molti potrebbe essere, ancorché non consolatorio, un po’ deludente nel ricostruire a ritroso la vicenda e soprattutto nello svelare l’identità del confidente a cui, sin dalle prime pagine, l’io narrante Cáceres si rivolge: ebbene noi non riusciamo a dirci del tutto insoddisfatti della lettura.

Di una cosa siamo abbastanza sicuri: è molto improbabile che questo romanzo abbia un qualunque seguito per cui rappresenterà un unicum nella carriera dell’autore.

 

Voto: 6