Martina Franca, provincia di Taranto, grande comune della Valle d’Itria. 18 giugno, interno sera. Antonio Vitale 61 anni e Comasia Granaldi 58, conviventi da alcuni mesi, sono in casa. Lei vorrebbe uscire e andare a ballare. Che c’è di male? Il ballo è la passione di entrambi. Si sono conosciuti così, i due, in balera. Hanno deciso di frequentarsi, di rivedersi… e tra un liscio e un altro, provare a vivere assieme, a ricostruirsi una vita. Entrambi hanno una brutta storia finita male, un passato triste, una separazione alle spalle. La sera del 18, però, ad Antonio Vitale non va di uscire. Comasia allora inizia ad alzare la voce… lei, di rimanere in casa, non ha assolutamente voglia. Inizia la lite. La donna, cellulare alla mano, forse con intento provocatorio, forse parlando sul serio, decide di chiamare qualcun altro che la porti a ballare. E Antonio, un uomo geloso e possessivo, scatta. Uno schiaffo violento, in pieno volto. La tragedia inizia così: lei che vuole andare a ballare a tutti i costi, lui che vuol restare a casa… e dopo qualche parola in crescendo… come dire… si passa ai fatti. Comasia reagisce in modo deciso: non ci sta a tenersi quella manata. La donna prende un coltello e cerca di riprendere in mano la situazione. Minaccia il suo convivente. Quasi dicesse: “Per ora vado a ballare… poi si vedrà”. Antonio, accecato da quell’ennesimo affronto, non ci vede più: disarma brutalmente la donna e la trascina in bagno. Qui, tra le mura del gabinetto di casa, continua a picchiarla selvaggiamente. I dati dei primi rilievi sulla scena del delitto hanno parlato di un urto violentissimo del capo della donna ai sanitari. Qualcuno, più sfrontatamente ha scritto della “testa sbattuta violentemente” contro il bordo della vasca. Cosa sia avvenuto nel dettaglio in quegli istanti, in fondo, non è interessante. Quando tutto si è fisiologicamente calmato, dopo aver ripreso fiato e aver compreso la portata di tutta quella terribile gazzarra, Antonio Vitale ha preso in braccio il corpo della convivente e lo ha trasportato in camera da letto, dove, sotto shock, lo ha vegliato per sei ore. Dopo, distrutto e spaurito, si è consegnato ai carabinieri.

Solo sei mesi prima, nello stesso comune, tra due conviventi parecchio più giovani, 37 anni lui, 31 lei, alla vigilia del matrimonio, durante una discussione, la situazione era degenerata fino alle estreme conseguenze. Il copione è sempre lo stesso: la coppia è in casa… tutto fila liscio. In questo caso, addirittura, tra le quattro mura ci sono anche i tre figli. Martino Fumarola, fruttivendolo, a un certo punto della discussione, non ci vede più: afferra un martello e colpisce Felicia Semeraro, la sua donna, sfondandole la testa. Lei stramazza al suolo, probabilmente morta sul colpo. Lui si costituisce.

Ed è di pochi giorni fa un’altra inquietante notizia. Viene da Rotondella, comune del Materano non troppo distante dagli appuli confini: un giostraio trentottenne, dopo aver massacrato a colpi d’accetta moglie e figlia e dopo aver sigillato casa e aperto il gas, si è impiccato. L’uomo era conosciuto come “persona irascibile” in paese… ma delle voci di borgo, in questi casi, è inutile curarsi troppo.

Tentando di sdrammatizzare… ed è compito difficile dopo notizie di questo tipo, alcuni utili consigli in base agli studi statistici:

1. Si ammazza con incidenza più importante il lunedì o nel fine settimana… nel primo giorno solitamente prima delle 09:00, nel week-end si prediligono le ore pomeridiane (chiaro no: hanno una forte importanza l’inizio della settimana lavorativa con il carico di angosce e stress montanti e la fine della settimana con l’allentarsi di tutte le tensioni ma anche con una convivenza più lunga e forzata che in momenti emotivamente difficili può risultare non sempre agevole).

2. Si uccide generalmente con corpi contundenti, coltelli, o lame larghe e pesanti. Gioca in questo caso grande importanza il valore non tanto simbolico, ma strumentale dell’arma stessa: accette, bastoni o roncole, esattamente come mattarelli, bastoni e altri utensili pesanti comunicano all’inconscio un senso di distruttività, incoraggiando il raptus. Il coltello ha un valore meramente incidentale: è l’arma domestica di più semplice reperibilità (solitamente le cucine sono piene di accessori di questo tipo).

3. Le camere della casa in cui è statisticamente più probabile che si consumi un omicidio sono la cucina – come luogo comune per eccellenza nella casa – oppure il bagno… e la dottrina su quest’ultima alternativa non si esprime troppo, divisa tra psicanalitici bisogni inconsci di pulizia e necessità strumentali di picchiare forte e con sicurezza. Solo nei casi di omicidio familiare premeditato, camere interessate sono quelle da letto. Ma in quel caso, solitamente, si muore soffocati o colpiti da proiettili.

Un consiglio, valido qui in Puglia come in tutta Italia: più che prepararsi a resistere al raptus del proprio partner… forse sarebbe bene predisporsi ad ascoltarlo. Un dato è più incidente di tutti nella dottrina statistica: nelle coppie dove il raptus si è consumato si parlava poco, troppo poco, di sé stessi al proprio partner.