Nero criminale (EDS edizioni) segna il ritorno in libreria di Stefano Di Marino e del suo personaggio più fortunato, il mercenario Chance Renard, noto anche come “Il Professionista”. Di Marino e i suoi carachters, da quasi due decenni, costituiscono una delle colonne portanti di Segretissimo, la serie da edicola Mondadori, nata nel 1960 come una costola del “Giallo” con l’intento di ospitare romanzi maggiormente incentrati sullo spionaggio e l’azione, rispetto alla storica collana fondata nel 1929 da Alberto Tedeschi.

Già nel 2009, con Pietrafredda (Perdisa Pop) Stefano Di Marino aveva fornito una straordinaria prova del suo talento, tratteggiando in maniera esemplare una storia di vendetta, ambientata a Parigi, che confermava a pieno la spietata durezza implicitamente promessa dal titolo. Personaggi intrisi di una mitologia criminale che attinge a piene mani da un universo di suggestioni letterarie e cinematografiche, robustamente supportate da una assoluta competenza sulla connotazione geo-politica della malavita europea e dalla ormai acclarata conoscenza, da parte dell’autore, degli aspetti puramente “tecnici” riguardanti armi, combattimenti a mani nude, tecnologia al servizio del crimine.

Nella misura in cui Pietrafredda costituiva quasi una summa di quindici anni di vita del Professionista, un ideale “tributo” all’universo narrativo nato dalla fantasia dell’autore, così Nero criminale può essere inteso come un nuovo punto di partenza, una sorta di “palla al centro” nella storia editoriale del personaggio e, più globalmente, nel discusso mondo della narrativa noir italiana.

  

A dire il vero, nell’ambiente degli scrittori nostrani, molti sono coloro che si fregiano della definizione di “noiristi” al solo scopo di vedere accrescere il proprio numero di copie vendute, salvo poi rinnegare tale appellativo considerandolo come riduttivo della propria, presunta, originalità autoriale. Ebbene, Nero criminale sembra scritto a posta per spazzare via ogni velleità da parte di costoro, responsabili di aver invaso le librerie con le insopportabili vicissitudini di una nutrita schiera di investigatori depressi e malinconici, presuntuosamente ispirati a modelli letterari “nobili” ma in realtà figli di idee confuse, reminescenze da tenente Colombo (con tutto il rispetto per il personaggio interpretato da Peter Falk...) e mancanza di fantasia e coraggio nell’affondare davvero il colpo, in romanzi che di nero hanno solo il titolo o, al massimo, la copertina. A costoro verrebbe voglia di citare la frase di Stephen King: se volete conoscere il noir, cominciate da Stark. Ed è proprio a Richard Stark che si pensa leggendo Nero criminale. L’autore (uno degli pseudonimi utilizzati da Donald Westlake) con la sua serie incentrata sul ladro Parker, utilizza un linguaggio lineare, asciutto, molto esplicito, per raccontare senza compromessi vicende “criminali” dure e spietate. È lo stesso metodo utilizzato da Di Marino, accomunabile a Stark/Westlake anche per la sua incredibile prolificità di autore che, con circa ottanta romanzi pubblicati, costituisce un record assoluto in Italia.

  

In Nero criminale ritroviamo Chance Renard ormai stabilmente trasferitosi a Milano, città che il personaggio ha ribattezzato “Gangland” per la sua caratteristica di crocevia della malavita italiana ed europea, per la presenza sempre più ingombrante di bande criminali di extracomunitari, per il continuo svolgersi di traffici occulti manovrati da politici corrotti e affaristi senza scrupoli. Uno scenario esplosivo all’interno del quale Chance Renard si muove supportato da un gruppo di comprimari tratteggiati in maniera assolutamente impeccabile, talvolta in collaborazione con la polizia (rappresentata da uno straordinario Vice Questore Nitti) altre al soldo di privati, quando non è spinto dalla sua stessa sete di vendetta.

In Nero criminale, il Professionista dovrà vedersela con un gruppo di malavitosi di origine zingara, i Manouches, tornato in azione per vendicare una strage perpetrata ai danni di un campo Rom a Milano. La vicenda, che si riallaccia a un fatto di cronaca realmente accaduto alcuni anni fa, non risparmia colpi allo stomaco, sorprese e ripercussioni sulla vita privata di Chance Renard che faticherà non poco per risalire ai veri responsabili della scia di sangue che sta invadendo Milano.

Alta tensione in una città raccontata in maniera inedita e realistica, attraverso le sue strade, i suoi luoghi maledetti, i suoi locali più estremi, senza il filtro edulcorante della falsa ricerca di un realismo che, spesso, si traduce in noia e presa in giro per il lettore.

Nero criminale sembra il romanzo scritto apposta per ristabilire la giusta dimensione del noir italiano, restituendogli dignità e grinta. Stefano Di Marino è, a tutti gli effetti, l’autore più titolato per guidare una auspicabile new wave della narrativa italiana che renda giustizia a un genere al quale troppi, negli ultimi anni, si sono ingiustamente fregiati di appartenere.