Come ci ha spiegato Maurizio Landini nel suo recente Girls With Guns (Tunué 2012) - l’unico saggio in Italia sull’argomento - esiste un genere cinematografico che recentemente sta acquistando sempre più valore: quello delle donne armate e pericolose. Quando oggi gustiamo film di spionaggio come Salt, Knockout e Colombiana (quest’ultimo purtroppo ancora inedito in Italia) in realtà stiamo vedendo un passaggio evolutivo di qualcosa nato molti decenni addietro.

Tornando indietro nel tempo, di sicuro le eroine con la pistola debbono molto a personaggi come Nikita o Ellen Ripley, e più indietro ai grandi idoli della sexploitation e blackspoitation come l’attrice Pam Grier. Ma si potrebbe andare ancora più indietro... molto più indietro.

Risale al 1950 il film che lanciò l’attrice gallese Augusta Margaret Diane Fuller, meglio nota come Peggy Cummins, regalandole il ruolo della carriera: una femme fatale travolgente dalla peculiare bravura nel maneggiare armi.

Il 13 febbraio 1940 appare sul “Saturday Evening Post” un racconto che, nella sua carriera, non ha visto molte ristampe: Gun Crazy, arrivato in Italia - con il titolo Pazzo per le armi - sul finire del 2011 grazie alla corposa antologia Millennium Thriller (Newton Compton), versione italiana della The Best American Noir of the Century curata da James Ellroy e Otto Penzler. L’autore, MacKinlay Kantor, è già all’epoca un apprezzato romanziere, ma in seguito verrà insignito del Premio Pulitzer per La polvere e la gloria (Andersonville, 1955).

La storia segue la vita di Nelson Tare, giovane dall’infanzia difficile - figlio illegittimo quindi ignorato dal padre - che è capace solamente di sparare, una dote che nella vita civile non ha molti sbocchi. Siamo però negli anni ’10 del Novecento, quindi in fondo di occasioni per premere il grilletto ce ne sono. Si arruola ma non fa in tempo a partecipare alla Prima guerra mondiale, e dopo una carriera militare di tiratore scelto conosce la donna che lo rovinerà: Antoinette McReady. Lavora in un circo itinerante e durante il suo numero spara a dei bersagli: è amore a prima vista. Tare la seguirà fino all’inferno, imboccando una carriera criminale che fa presagire la fine della storia.

In quel periodo Kantor è un nome che funziona al cinema. Lo stesso anno dell’apparizione del racconto arriva al cinema La guida eroica (The Man from Dakota) con John Wayne, tratto dal suo romanzo Arouse and Beware (1936); nei successivi anni ben cinque pellicole sono ispirate ai suoi lavori, compreso il grande successo I migliori anni della nostra vita (The Best Years of Our Lives, 1946) tratto dal romanzo Glory for Me (1945). Le storie legate in qualche modo alla guerra appena conclusa vendono bene, così nel 1949 viene scelto il racconto Gun Crazy per un adattamento cinematografico.

Il film, uscito nelle sale americane il 20 gennaio 1950, segna la fine dell’Era Kantor al cinema: dopo una media di un film tratto dai suoi lavori ogni due anni, l’interesse hollywoodiano per lo scrittore si esaurisce.

Per la sceneggiatura de La sanguinaria (questo il discutibile titolo italiano) viene chiamato Dalton Trumbo, già consumato sceneggiatore ma che negli anni successivi sarebbe diventato nome di culto per aver firmato film come Exodus, Papillon, Spartacus e tanti altri. Ma Trumbo non viene lasciato solo: MacKinlay Kantor viene chiamato a partecipare alla sceneggiatura. Chi può modificare un racconto meglio del suo autore?

La sanguinaria segue fedelmente il racconto Pazzo per le armi fino circa a metà: il grande cambiamento apportato sullo schermo dalla coppia Trumbo-Kantor (è difficile stabilire il reale intervento dell’uno e dell’altro) è nel personaggio della dark lady. Da personaggio totalmente secondario e a malapena accennato nel racconto, Antoinette McReady si trasforma in Annie Laurie Starr... fra le prime grandi girls with guns!

Il personaggio maschile - Nelson Tare nel racconto, Barton Tare nel film - vive anch’esso una metamorfosi, ma molto meno evidente. Il Nelson del racconto ha un gran cuore ma in fondo è bacato; ha vissuto una brutta infanzia e, una volta conosciuta la strada del crimine, non ne esce più. Il Barton del film è invece una vera vittima degli eventi: è succube del potente fascino emanato da Annie Laurie ed inizia la sua carriera criminale esclusivamente per compiacere l’insano desiderio della sua amata. Fosse per lui, starebbe ancora a sparare ai barattoli in paese, ma se la sua donna vuole il brivido di rapinare banche, non può fare altro che sottostarvi.

Annie Laurie è un femme fatale di tutto rispetto: biondina dagli occhi avidi e con una grande destrezza nell’uso delle pistole: non quanto Barton, ma quasi. Il “pazzo per le armi” del titolo, infatti, nel racconto è riferito esclusivamente al protagonista maschile, nel film invece può essere benissimo diviso equamente fra i due.

La sanguinaria non è una pellicola riuscita. La casa di produzione King Brothers non è la Metro-Goldwyn-Mayer o la Fox o

la Paramout, ricche case che fino a quel momento hanno curato i film tratti dai romanzi di Kantor: è una piccola casa di breve durata che, nei dieci anni di vita che precedono il film, non ha neanche un successo nel proprio curriculum. Il regista Joseph H. Lewis, poi, è un onesto mestierante ma non ha il tocco del successo: il risultato è un film che avrebbe i numeri per diventare un cult ma rimane una curiosità per cinefili.

Così come un’altra curiosità, più che un film riuscito, è rappresentata da Bella e dannata (Guncrazy), piccola produzione che omaggia La sanguinaria. Nel tentativo di risalire la china di una carriera offuscata, Drew Barrymore si cala infatti nei panni di Anita, una ragazza in affidamento che uccide il patrigno molestatore  e scappa con l’amico di penna appena uscito di galera: dovrebbe aiutarlo a rimanere sulla retta via, ma in realtà lo travia.

Il film non ha nulla a che vedere con il racconto di Kantor, ma segue il filo conduttore della “discesa negli inferi criminali” di due amanti disperati... e amanti delle pistole!