Con grande soddisfazione ospito in rubrica una blogger appassionata di romance per parlarci di un argomento davvero inedito: gli pseudobiblia in rosa.

Elena Taroni Dardi - di cui si sentirà ancora parlare, in ThrillerMagazine - dimostrerà una volta di più che il grande divertissement letterario dei “libri falsi” non conosce confini di genere.

Le cedo quindi la parola.

    

Bibliofilia Romance

       

by Elena Taroni Dardi

     

«Ecco, Joan Wilder, trova una soluzione a questo capitolo!» sbotta Jack Colton davanti alla bocca di una colt 45 che lo fissa da uno spioncino. La canna sparisce istantaneamente.

«Joan Wilder? La famosa Joan Wilder?» Joan guarda Jack incerta mentre la porta si spalanca su un uomo in camicia hawaiana «Joan Wilder la romanziera?»

Joan sorride nervosa e con voce stentorea risponde «Sì.»

Michael Douglas ne "All'inseguimento della pietra verde"
Michael Douglas ne "All'inseguimento della pietra verde"
Avete riconosciuto la scena?

All’inseguimento della pietra verde (Romancing the Stone), successo cinematografico del 1984 prodotto e interpretato da Michael Douglas e diretto da Robert Zemeckis. Dalla sceneggiatura del film la Avon Books, una delle maggiori case editrici di romance americane, trasse il libro omonimo scritto da Catherine Lanigan, che in Italia è stato tradotto e pubblicato dalla Armando Curcio Editore nella collana Bluemoon.

Joan Wilder, interpretata da Kathleen Turner, è una scrittrice di romanzi rosa che deve il suo successo alla protagonista da lei creata, Angelina, donna bellissima e appassionata nonché volitiva e coraggiosa cioè l’esatto contrario della sua creatrice: goffa e insicura, insomma la personificazione del cliché intramontabile che persegue, ancora oggi, chi ama la narrativa rosa. La disperata richiesta d’aiuto della sorella Elaine, rapita in Colombia da una banda che vuole una fantomatica mappa del tesoro, strappa Joan dal solitario grigiore del suo appartamento di New York catapultandola, insieme ad un avventuriero dal passato misterioso e la battuta facile, in una vicenda che nemmeno a

inventarla avrebbe potuto essere più stravagante! Tra lazzi, incomprensioni e rocambolesche fughe, la vita di entrambi cambierà drasticamente e, tra le altre cose, Joan scriverà il suo romanzo più bello e non solo.

Il ritorno di Angelina (The Ravagers), il romanzo che Joan ha appena finito quando la sorella la chiama, è un romanzo western dove l’eroina si salva da sé uccidendo un orribile fuorilegge per poi cavalcare verso l’orizzonte in compagnia del tenebroso pistolero che è anche l’uomo che ama.

     

Clint Tanner, il protagonista di Il mio eroe è un pistolero (The Legend’s Lady, 1998) di Kathryn Hockett, invece è piuttosto scocciato da certi libracci con titoli simili a Duello nella Polvere o Ferito a Cheyenne che celebrano le sue fantomatiche avventure, talmente fantasiose e incredibili che molti avventurieri lo cercano per sfidarlo e diventare più famosi di lui. Ha tutte le intenzioni di dare una bella lezione all’autore, Steven E. Winslow, solo che lui è in realtà una lei e forse (ma solo forse) lui gliene ha combinate di peggio...

     

Il protagonista di Pagine d’amore (The Bookseller’s Daughter, 2004) di Pam Rosenthal invece è egli stesso che scrive, anzi descrive nei minimi dettagli, le sue avventure con le donne, insomma è, in poche parole, uno scrittore libertino. Ma se il libro di Monsieur X è inventato ai fini della storia, Libri proibiti. Pornografia, satira e utopia alle origini della Rivoluzione Francese è invece un saggio realmente esistente di Robert Darnton dal quale l’autrice ha liberamente tratto ispirazione per i suoi personaggi.

      

In Rendez-vous (Rendezvous, 1991) di Amanda Quick è il protagonista Harry Greystoke a scrivere saggi, benché di storia romana e dai titoli altisonanti (oltre che noiosi) tipo Osservazioni sulla storia di Roma di Tito Livio, mentre la protagonista invece, Augusta Ballinger, non ha nessuna inclinazione per i saggi specie per quello scritto dalla sua autorevole zia: Istruzioni sul comportamento decoroso delle fanciulle.

      

La rigida epoca vittoriana inglese pullulava di manuali del genere e infatti in E infine la baciò (And Then he Kissed Her, 2007) di Laura Lee Guhrke, Emma Dove si mantiene scrivendo una rubrica sulla Gazzetta Popolare e fornendo consigli pratici alle giovani donne nubili del tipo: «La virtù di una donna è qualcosa di fragile, da custodire con la massima cura. In questa impresa, mie care, non contate sulla collaborazione dei gentiluomini di vostra conoscenza.»

Il proprietario del giornale, Lord Marlowe, è anche l’autore de La Guida dello scapolo che a sua volta dispensa perle di saggezza tutta maschile, tipo: «Quando si tratta di donne, un uomo deve imparare ad aspettarsi l’imprevedibile. È quello che molto spesso accade.»

In mancanza di un marito o di un parente maschio che provvedesse loro, la professione di scrittrice era una delle pochissime considerata lecita e consentita alle donne. Di certo era più divertente e anche gratificante che fare la dama di compagnia, la governante o l’istitutrice. Tuttavia il maschilismo dominante non sempre accettava le opere delle donne, come dimostra l’esperienza vera delle sorelle Anne, Emily e Charlotte Brontë le quali, all’inizio della loro carriera, dovettero utilizzare pseudonimi maschili e così furono pubblicati Whurthering heights (Cime tempestose) di Acton Bell e Jane Eyre di Currer Bell. Come si può notare, le sorelle avevano voluto mantenere almeno le iniziali giuste...

       

Anche Phoebe Swan, protagonista di Amori e altri sospetti (2009) dell’italianissima Sylvia Z. Summers per pubblicare sul St. Jules’ Sunday Nosy deve usare un nome maschile, sebbene tutti in paese sappiano chi si cela dietro lo pseudonimo di Desmond Malvern.

Qualche decennio prima delle Brontë, cioè durante gli anni della Reggenza, Jane Austen, e solo attraverso la mediazione di un fratello, pubblicava i suoi romanzi in modo del tutto anonimo, siglandoli con un generico “By a Lady” che divenne “By the author of Pride and Prejudice” quando divenne famosa.

L’autrice Julia Quinn, nei romanzi iniziali della Saga dei Bridgerton, ambientati più o meno all’epoca della prematura morte di Jane Austen, escogita un nome falso per la sua Penelope Featherington che è sia fondatrice che autrice del tabloid di pettegolezzi Le cronache mondane di lady Whistledown.

       

Di assolutamente vero c’è che molte cortigiane, a fine carriera, decidevano di recuperare un po’ di risorse extra per la vecchiaia scrivendo e vendendo le loro memorie piccanti o facendosi pagare per non pubblicarle affatto. In Seduzione (Seduction, 1990) di Amanda Quick, Sophy riceve la lettera di una ex amante del consorte la quale, dietro compenso, eviterebbe di menzionare il nome dell’uomo nelle proprie memorie; trattandosi di un’eroina della Quick è ovvio che ella fa in modo che il nome non esca senza cedere al ricatto.

Invece in Lezioni di seduzione (Lessons from a Scarlett Lady, 2010) di Emma Wildes, la giovane Brianna, imbattutasi nel libro I consigli di Lady Rothborugh, decide di seguirne alcuni per ravvivare il suo matrimonio e magari evitare che il marito possa anch’egli, come era uso comune del tempo, rivolgere le sue attenzioni più appassionate a un’amante e quelle più pragmatiche alla moglie legittima.

Filosofie ottocentesche verrebbe da dire... o no?