Biagio Mazzeo è l’ispettore superiore della sezione Narcotici di una grande città del nordest. Con i suoi fedelissimi subalterni dà vita a una struttura clanica occupata quasi tutto il tempo a supervisionare le attività illecite più disparate (va da sé, lo spaccio di stupefacenti in primis). Il suo branco, con la complicità di importanti attori delle istituzioni locali, svolge un ruolo sociale quasi positivo: tenere a bada le mafie locali e soprattutto quelle straniere, sostituendosi completamente a esse. La sua è una vera e propria famiglia dal codice d’onore molto rigido, per chi vi fa parte è previsto perfino un sistema pensionistico interno alimentato dai fruttuosi colpi commessi o sfruttando quelli messi a segno da terzi. Quasi tutti i protagonisti negativi della storia sono parzialmente amnistiati dal fermo intento di risollevare crisi personali spesso tragiche. Le azioni che distruggono amori si alternano a passioni che disturbano azioni, fino ad arrivare alla vera e propria guerra che si scatenerà, per un imprevisto incidente, contro una potentissima famiglia della mafia cecena. Quella rappresentata, con una scrittura pulita e mai pretenziosa, è una saga dove la sana concorrenza delle ricche imprese del nordest è bacata da un’altra competizione, quella tra le mafie che si contendono il territorio e il branco degli agenti di Mazzeo. Piergiorgio Pulixi focalizza l’attenzione su un problema attuale che è diventato ormai cronico. Chi incute più timore? Un bastardo criminale o uno che ha il potere di un poliziotto ed è un bastardo criminale? Cosa compromette maggiormente l’ordine sociale? Una spietata organizzazione mafiosa o una masnada di poliziotti corrotti che ha la possibilità di occultare i propri misfatti dietro un distintivo rilasciato dallo stesso Stato che, anziché destabilizzare, dovrebbe difendere? Le risposte scoraggianti sono contenute in questa nerissima affabulazione che trova nella cronaca reale innumerevoli e inquietanti corrispondenze.