Parliamo ancora del Manoscritto di Voynich, “il libro più misterioso del mondo” nella definizione che ne danno gli entusiasti: lo facciamo presentando due romanzi che ne ipotizzano la decifrazione… non sempre con scopi letterari.

           

Non è scopi letterari – lo ammette egli stesso – che il premiato romanziere francese Thierry Maugenest scrive nel 2005 “Il Manoscritto MS408” (Manuscrit ms 408 Voynich, che arriva l’anno successivo in Italia grazie a Barbera Editore).

La mente dello scrittore non è turbata dal benché minimo dubbio: non esiste neanche il sospetto che il Manoscritto possa essere meno di quanto promette d’essere, non esiste alcun’ombra di incertezza sul fatto che sia un codice scritto da Roger Bacon che abbia attraversato l’Europa – lasciando come unica traccia la lettera trovata nel manoscritto stesso – per venire ritrovato da un “libraio” di cui viene citato velocemente il nome: Wielfried Voynich.

Curiosamente il protagonista del romanzo dice di aver scoperto dell’esistenza del libraio Wielfried su Google, su quello stesso Google dove non viene mai chiamato così (il nome è Wilfrid) se non nelle trame del romanzo stesso e, come primo risultato, da… ThrillerMagazine, dove il testo di Maugenest è stato presentato all’epoca dell’uscita italiana!

Da secoli (stando alla incrollabile certezza dell’autore) saggi d’ogni paese cercano di trascodificare il Manoscritto di Voynich, senza alcun successo. Ad un certo punto, però, qualcuno si avvicina alla verità… tanto da cadere in coma! Cosa ci sarà scritto mai nel MS408 (codice di catalogazione che accompagna il Manoscritto all’Università di Yale) da mandare in tilt cervelli di studiosi?

Il Manoscritto MS408”, non pago di dare per sicure notizie non comprovate (malgrado la granitica certezza di Maugenest, anche i voynichiani più sfegatati oggi rifiutano il coinvolgimento di Bacone nella paternità del Manoscritto), l’autore non si limita a fare ciò che molti suoi colleghi fanno più spesso di quanto si pensi – mascherare da romanzo alcune tesi personali spesso improponibili in forma di saggio – ma candidamente confessa in appendice che quanto romanzato corrisponde al suo pensiero.

Thierry Maugenest
Thierry Maugenest

Con una “confessione” non nuova a chi frequenti gli pseudobiblia (chi segue questa rubrica ne ricorderà una simile in chiusura de “Il Vangelo di Maria Maddalena” di Kathleen McGowan) Maugenest stila una veloce quanto approssimativa storia del “vero” Manoscritto per poi lanciarsi in ipotesi di congiure, sette segrete, poteri occulti e tutto l’armamentario del “bravo romanziere” che però sta utilizzando per un messaggio che non è fiction. Paradossalmente, è molto più romanzesca l’appendice finale di tutto il romanzo che la precede!

Con una precisa quanto inutile dovizia di particolari, l’autore ci illustra quasi riga per riga il testo, arrivando a conclusioni non distanti da una qualsiasi veloce “googleata”: non avendo trovato la soluzione della sedicente lingua del testo, infatti, il romanzo non aggiunge nulla a quanto già non si sappia e rimane un’interessante guida turistica al Voynich e poco più.

               

«Benvenuto, saggio compagno, i tuoi sforzi non sono stati vani. Sebbene il tuo nome e il mio siano insignificanti, questa storia non lo è»: questo che avete appena letto è la traduzione dell’incipit del Voynich

Stiamo ovviamente ancora parlando di fiction, e in particolare del bestseller “Il manoscritto di Dio” (The Source, 2008, giunto in Italia lo stesso anno grazie alla casa editrice Nord) di Michael Cordy. Malgrado il risultato si discosti davvero poco dai tanti thriller religiosi che si alternano affannosamente sui nostri scaffali, va riconosciuto all’autore britannico il merito di aver creato un prodotto squisitamente letterario, senza alcuna (apparente) segreta aspirazione saggistica.

«Il Voynich è semplicemente una storia fantastica che narra il mito meraviglioso di una ricerca, un’allegoria dell’avidità umana che mostra una consapevolezza precoce dei problemi ecologici di oggi» dalle sette massoniche e cospirazioniste arriviamo anche all’ecologia… «Racconta di un prete erudito che accompagna un plotone di soldati in una sterminata foresta alla ricerca di Eldorado: la mitica città dell’oro. La sua missione è quella di scrivere la cronaca delle loro avventure e di rivendicare le anime dei conquistati per la Chiesa». Da un linguaggio angelico se non addirittura extraterrestre, il Manoscritto qui diventa una semplice cronaca: sarà di sicuro meno affascinante, ma già più credibile.

Con un espediente che ricorda da vicino la mitica creazione della Bibbia del Diavolo (rielaborata recentemente nel romanzo omonimo del tedesco Richard Dübell), Padre Orlando Falcon di ritorno dall’Eldorado si rifiutò di raccontare ad orecchie nemiche i fatti di cui era stato testimone nel Nuovo Eden («La sua storia gettava dubbi sul dogma imperante e scardinava la validità delle Scritture.

Michael Cordy
Michael Cordy

Minacciava tutto ciò che la Chiesa stessa propugnava. Poteva esserci un solo Eden e doveva trovarsi nel regno dei cieli o, per lo meno, nella cristianità»), così durante il suo lungo soggiorno in cella stilò il Manoscritto che raccontava, in codice, ogni cosa a chi sapesse leggerla.

Il Manoscritto di Dio” propone parecchi brani tradotti dal Voynich, di una attinenza talmente incredibile alle vicende narrate che viene da chiedersi: l’autore non poteva inventarsi brani un po’ più metaforici?

                

Il Manoscritto continuerà sempre ad ispirare saggisti e romanzieri, ed anzi stupisce l’esiguo numero di libri che ne affrontano l’esistenza: forza, romanzieri, che il “libro più misterioso del mondo” vi aspetta!

Ma vogliamo chiudere con una provocazione. Nel 1981 l’artista italiano Luigi Serafini ha creato il Codex Seraphinianus, un libro riccamente illustrato con più di mille disegni e compilato seguendo una lingua inesistente inventata dall’autore. Apprezzato da una larga fetta di intellighenzia italiana, il testo viene ovviamente tenuto separato dal Voynich da quei pochi che trattino l’argomento.

Codex Seraphinianus
Codex Seraphinianus

Ma immaginiamo che un Serafini cinquecentesco (se non addirittura di inizio Novecento!) abbia voluto esprimere allo stesso modo una propria vena artistica, dando vita a quel Manoscritto su cui dal 1920 ad oggi gli appassionati stanno sbattendo la testa: non sarebbe il più delizioso dei divertissement letterari? Non sarebbe la prova che nessuna potenza paranormale può nulla contro la fantasia umana?

Per i voynichiani, la risposta è ovviamente no. Per chi invece segue questa rubrica guidato dalla voglia di lasciarsi ammaliare dalla potenza creatrice della falsità letteraria, il Codex Seraphinianus e il Manoscritto di Voynich non hanno davvero alcuna differenza.