Il segno dell’untore è ambientato a Milano, nel 1576, in uno scenario da brivido: la peste bubbonica, anticipo corposo di quella che si diffonderà nel secolo successivo, sconvolge una città allibita, stremata dalla lotta per contenere il dilagare della malattia. I monatti avanzano padroni delle strade e delle morti, l’aria è ammorbata dal fumo dei roghi che si alzano dai fopponi, le fosse comuni in cui si bruciavano i morti.

In questa cinquencentesca Milano per nulla rassicurante si muove il magistrato Niccolò Taverna, notaio criminale, un giovane dall’acume sottile, dall’inclinazione al raziocinio e da un’avvenenza particolare: alto, naso forte, capelli neri ben tagliati, mento glabro. Il lettore se lo immagina camminare per le strade appestate, sovrastato dalla statura del suo gigantesco assistente Rinaldo (l’altro si chiama Tadino), imbattersi nei tristi passaggi dei monatti, che l’autore descrive  con precisione storica, sia per quanto riguarda il quadro, sia per quanto riguarda lo sciacallaggio:

«Sul fondo della via vide passare un carretto dei monatti, carico di corpi buttati su alla rinfusa, le membra pallide che pendevano inerti. Erano ancora vestiti, il che significava che era un carico recente, pronto per essere gettato in una fossa comune. Non prima che i monatti si fossero impadroniti di tutti gli averi di quei poveracci, come la legge consentiva loro di fare. Niccolò non avrebbe mai avuto il coraggio di mettersi addosso qualcosa indossato da un uomo ucciso dalla peste, ma i monatti erano creature strane, che godevano di una qualche immunità forse proprio in virtù del lavoro che facevano».

Sono due i casi che affronta Taverna. Il primo riguarda il furto di un candelabro di Benvenuto Cellini, sottratto al Duomo. Il secondo l’assassinio del Commissario Inquisitoriale Bernardino da Savona. Quest’omicidio complica gli equilibri di una città spaccata anche dalle tensioni tra potere spirituale e temporale, rappresentati rispettivamente dall’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo e dalle autorità secolari della città che fanno capo al governatore don Luigi Requenses, esponente del consiglio di Stato di Sua Maestà re Filippo II di Spagna. Non manca poi la Santa Inquisizione spagnola, incarnata nel malefico Guaraldo Giussani. Non manca nemmeno l’amore, se è per questo. L’amore disperato, quello di inizio romanzo, quando Niccolò si trova con una moglie infetta che sproloquia su sue presunte colpe. Ma anche l’amore più celestiale, un fiore nel deserto, sbocciato grazie a una fanciulla coraggiosa dagli occhi «verdi come smeraldi, o come pozze d’acqua fresca».

Non è nuovo al romanzo storico, Franco Forte. Nei numerosi libri scritti – editi, come quest’ultimo, da Mondadori – ha raccontato di Nerone, Ludovico de Valois, Annibale, Gengis Khan, solo per citarne alcuni. Sceneggiatore, traduttore, saggista e curatore di diverse antologie e riviste – tra cui Writers Italian Magazine – Franco Forte ha creato in questo libro un personaggio, il protagonista Niccolò Taverna, solidissimo come i suoi comprimari e come le comparse. Mentre tesse un thriller avvincente, Forte ci restituisce il clima di quei tempi, le strade, le abitudini, le paure, i pregiudizi. Perché ciò che rende estremamente interessante quest’opera, oltre a una scrittura che fila liscia, senza sbavature, oltre a una perfetta architettura, è la devozione verso la storia e l’acribia dell’affresco.

Concludo con una nota di rilievo: Il prezzo del libro, 15 euro per più di 350 pagine, indica che l’editore ha intenzione, per i rilegati Mondadori, di scegliere la filosofia della "qualità a prezzo contenuto". Come ha dichiarato l'autore,  questo romanzo «è il primo di un nuovo corso studiato con intelligenza, che vuole coniugare un prezzo più aggressivo e abbordabile dal pubblico rispetto al passato (15 euro anziché i soliti 20 euro), senza però svalutare i titoli che saranno presentati, puntando quindi alla massima qualità possibile dei testi da pubblicare. Sono felice di essere un po’ l’apripista di questo nuovo corso, e mi auguro che il mio notaio criminale riesca a farsi apprezzare dal pubblico per continuare a proporre le sue indagini mozzafiato».