Raccontò come la signora Ficco gli avesse lasciato, per diversi anni, le chiavi dei suoi appartamenti nei periodi di vacanza, nel caso in cui fosse stato necessario entrare mentre lei era lontana. Di quelle chiavi, che comprendevano anche quella del box che sarebbe stato poi affittato a Roberto Barozzi, fece una copia senza dirle nulla. Questo gli aveva permesso di avere libero accesso a quel furgone che, come aveva avuto modo di notare, non veniva usato quasi mai e aveva sempre le chiavi nel quadro. Aveva studiato a lungo i movimenti di Canale, scoprendo molte cose interessanti sul suo conto, che avrebbe poi usato per creare false piste per sviare le indagini. Infine, aveva aspettato che, come ogni settimana, andasse a piedi alla sala prove e, sulla strada del ritorno, gli aveva teso un’imboscata in una viuzza buia per la quale Tullio era solito tagliare. Per paura di una sua reazione, gli aveva sferrato un unico, violento colpo alla nuca, con un manganello di gomma dura acquistato allo scopo. Lo aveva caricato in fretta e furia sul furgone e aveva coperto le tracce di sangue rovesciando del gasolio. Dopo averlo legato, aveva guidato fino al cimitero per avvertire Marghera e dargli appuntamento, dato che il suo piano escludeva l’uso dei cellulari, punto debole di tanti criminali, a giudicare dalle serie televisive. Era stato allora che, urtando il marciapiede con il pneumatico, aveva perso il tappo che, quaranta ore dopo, sarebbe finito nella mano di Grigenti. Si era poi nascosto con il Ducato nelle vicinanze, in una stradina isolata senza sbocco, per fare con calma ed indisturbato ciò che aveva in mente.

«Quel bastardo, però, era già morto», aveva commentato con rammarico a quel punto del racconto, mentre spiegava come avesse tentato di svegliarlo con l’accendisigari del furgone. Ciò nonostante, gli aveva perforato i timpani con uno spillone da maglia della madre, un gesto dal suo punto di vista oltremodo simbolico. La parte che aveva richiesto più tempo era stata ripulire il corpo con l’alcool lavorando nella semioscurità, assicurandosi che non rimanesse nemmeno la più piccola traccia che potesse far risalire a lui. Aveva poi avvolto il ragazzo in un sacco di plastica e aveva atteso l’arrivo del complice. Convincere Marghera era stato facile, conoscendone la propensione per gli alcolici e la situazione economica. Certo non si aspettava che quell’imbecille si tradisse così presto, e quello era stato davvero un grande errore di valutazione. Comunque, avevano trasportato a braccia il corpo fino al retro del cimitero passando per i campi, invisibili dalla strada, ed erano entrati da un piccolo cancelletto laterale. Una volta all’interno, l’assassino aveva allestito la messa in scena che aveva studiato, obbligando Marghera ad aiutarlo, anche se i loro patti erano diversi. Alla fine, aveva pugnalato il cadavere di Canale con la mano sinistra, facendo però credere al custode che fosse ancora vivo, convincendolo così di essere diventato complice dell’omicidio e vincolandolo al segreto. La pantomima della messa nera la aveva ideata secondo i luoghi comuni più banali che gli venivano in mente, escludendo che le Forze dell’Ordine fossero così ferrate in merito da capire la differenza con un vero rituale. Dopo aver sotterrato il manganello, lo spillone e il pugnale in un’area boschiva che aveva raggiunto a piedi, aveva poi rimesso al suo posto il furgone in tutta tranquillità, vista l’ora tarda e la lontananza del box dall’appartamento di Barozzi, certo che il mezzo avrebbe messo gli investigatori sulle sue tracce. Il suo personaggio di musicista satanico, il fatto che fosse mancino e i litigi che, di certo, sarebbero saltati fuori, avrebbero fatto il resto. Per buon peso, aveva poi deciso di aggiungere la lettera anonima, un elemento che considerava un vero colpo di genio. Se mai le Forze dell’Ordine fossero riuscite a venire a capo dell’intreccio, a quel punto sarebbe stato molto, molto lontano.

Candela entrò nell’ufficio del maresciallo porgendogli un panino e una lattina.

«Mangiate qualcosa, marescia’, ché sono quattro ore di fila che scrivete». Il sottufficiale afferrò la pagnottella senza farselo ripetere due volte e l’addentò con entusiasmo.

«Ho sentito che il capitano ci ha proposto per l’encomio, Comanda’».

«Così pare», rispose il maresciallo.

«Spiegatemi una cosa, però, che ancora non abbiamo avuto il tempo di parlare come si deve», lo incalzò l’appuntato. «Ma come lo avete capito?».

Grigenti sorrise sornione, fece una pausa un po’ teatrale, poi confessò. «Candela, è stata solo fortuna».

«Come fortuna, marescia’?».

«Ti ricordi che ti dicevo di quella sensazione che mi rodeva? Anche se non me n’ero accorto, non era per Barozzi, ma per Cristallo. Ho registrato tanti dettagli che, però, non riuscivo a far emergere e collegare, confuso dal fumo negli occhi che ci aveva gettato. Quando siamo andati a sentirlo, ho visto il biglietto per il Brasile, che era di sola andata e indicava come ora di partenza le 11.00 del mattino. Lì per lì non ci ho dato peso, ma poi mi sono reso conto che quel… gaglioffo ci stava scappando proprio sotto il naso. E ti ricordi C.S.I.? Il furbone si era convinto di sapere tutto sulla conduzione di un’indagine, e si illudeva di poterci fregare cancellando gli elementi che, in quei telefilm, fanno catturare la gente: non ha usato il cellulare, non ha lasciato impronte né tracce e ha fatto sparire le armi. Ma il delitto perfetto non esiste. A quanto pare, all’interno del furgone si è ferito: le gocce di sangue che abbiamo trovato, con ogni probabilità, sono le sue. Al buio non è riuscito a pulire bene come credeva, e la sua commedia non sarebbe durata a lungo in ogni caso».

«Sì, ma se quell’aereo fosse partito con lui a bordo, il sangue ci sarebbe servito a poco, marescia’… E comunque, com’è vi è arrivata l’illuminazione?».

«Te l’ho detto, Candela: fortuna. Ti ricordi la donna che abbiamo incrociato entrando nell’ufficio di Cristallo? Era la vedova Trifoglio, la stessa che, la mattina dopo, è venuta a denunciare un broker che stava cercando di truffarla. Era decisamente troppo, per essere una coincidenza, ed è stato allora che ho capito cosa stava succedendo. Quasi certamente, chi la stava truffando era il nostro uomo, e sai bene che quel genere di raggiri non viene mai fatto nei confronti di una sola persona; nasce per essere scoperto, solo che a quel punto è quasi sempre troppo tardi, perché il truffatore ha già fatto le valigie ed è sparito. Ed è proprio questo che è successo: è venuto fuori che Cristallo stava progettando da tempo la truffa della sua vita. Aveva rastrellato quasi ottocentomila euro con polizze mai stipulate e finti investimenti dalla rendita stratosferica. La Trifoglio era una delle sue vittime: l’aveva contattata durante una delle sue visite alla madre, come la Ficco, che però non ci era caduta. I dépliants che aveva in ufficio erano tutti di ville e case in America Latina: non ha mai avuto intenzione di tornare in Italia. Morta la madre, aveva progettato di cambiare vita e, prima di farlo, si voleva vendicare di quello che riteneva il responsabile della sua perdita. Secondo lui Tullio Canale, con le sue intemperanze, la sua maleducazione, la sua batteria, l’avevano talmente esasperata da accorciarle la vita. Cristallo ha deciso che, se nessuno gli dava giustizia, ci avrebbe pensato da solo. Ha sfondato le orecchie a Canale come lui aveva fatto con sua madre».

«Marescia’, ma davvero mi sta dicendo che quello ha ammazzato un ragazzo di venticinque anni perché gli dava fastidio il rumore?».

«Che ti posso dire, Candela: a volte la realtà supera anche la fantasia».

Nato a Genova 34 anni fa, Marco Cardone ha frequentato il Liceo Classico e qualche anno della Facoltà di Giurisprudenza, lasciata per arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri, della quale fa tuttora parte con il grado di tenente, una laurea in Scienze criminologiche e un incarico di comando al NORM di Savona.

Sullo sfondo, la passione della scrittura. Un amore iniziato da bambino, quando a scrivere lo aiutava il padre, con una vecchia macchina Olivetti, e coltivato giorno dopo giorno, con tanti romanzi iniziati e mai finiti, e una raccolta di racconti appena terminata, oltre ad una lunga fiaba che i suoi due figli, Alice ed Angelo, suoi primi lettori insieme alla moglie Elena, non si saziano di farsi raccontare. Le due novelle pubblicate in questa antologia (Un autunno in rosso e La promessa, classificatisi rispettivamente terzo e quattordicesimo all’ultima edizione di “Carabinieri in giallo”) sono i primi ad essere pubblicati.