Un anno passa veloce.

Anche troppo. In genere, questo non è un bene.

Consoliamoci con alcuni aspetti positivi. Cioè, con le poche volte in cui un anno andato rappresenta un qualcosa di positivo. Un appuntamento che attendevamo appunto da una dozzina di mesi, per esempio. In questo caso, il rendez-vous è quello con la narrativa breve di uno degli autori di punta del panorama narrativo italiano: Sergio Alan D. Altieri.

È infatti uscito l’estate appena trascorsa il volume Underworlds: echi dal lato oscuro, quarto della serie “Alan D. Altieri: tutti i racconti”, pubblicata con cadenza annuale dalla TEA. Lo scopo è quello di raccogliere organicamente tutti gli editi, più alcuni inediti, della produzione breve dello scrittore. Un lavoro non di semplice ristampa, va sottolineato. Ognuna di queste antologie è costruita in modo da avere un fil rouge di fondo. I racconti già pubblicati in passato sono stati tutti rivisti, talvolta riscritti, dall’autore. Inoltre, ogni singolo lavoro della raccolta è introdotto da Altieri, il quale di volta in volta spiega la genesi del testo, ricorda dove è stato pubblicato in prima battuta, coglie l’occasione per aggiungere spunti di riflessione… Confermando così che il progetto di raccolta sistematica viene portato avanti non solo con accurata professionalità, ma anche con reale passione ed emozione.

I tre volumi precedenti sono stati Armageddon (TEA, 2008), Hellgate (TEA, 2009), raccolta incentrata sul commissario Andrea Calarno, e Killzone (TEA, 2010), dedicata ad un altro dei protagonisti più amati dai fan di Altieri, cioè lo Sniper Russell Brendan Kane.

Questo il sunto dell’opera che la TEA propone sul risvolto di copertina della quarta antologia:

"Underworlds" raccoglie sette storie che esplorano il lato più oscuro e ai confini del soprannaturale dell'universo narrativo di Alan D. Altieri, il "Maestro italiano dell'Apocalisse", capace ogni volta di stupirci e di spostare ancora più avanti i confini della sua affilata e potente immaginazione. Il volume si apre con una versione completamente rinnovata di "Scarecrow", lo spaventa-corvi sentinella della tenebra, una delle storie più amate (e introvabili) di Altieri, e soprattutto è arricchito da ben due inediti. "L'ultimo rogo della Morte Rossa", cupa visione finale di un mondo che cavalca verso l'estinzione accompagnato dalla voce dolente e già ultraterrena del vecchio Johnny Cash; e "Totentanz", la danza della morte, che racconta in presa diretta le micidiali conseguenze di un reality show fuori controllo: quell'estrema spettacolarizzazione della violenza in cui già siamo immersi, anche se spesso preferiamo voltare lo sguardo dall'altra parte.”

 

Volete saperne di più?

Beh, ovviamente è la lettura di Underworlds il modo migliore per farlo.

Ma siccome ThrillerMagazine è qui proprio per informarvi al meglio, come vi abbiamo (ben) abituato in passato, anche quest’anno abbiamo colto l’occasione di questa uscita in libreria per porre qualche domanda ad Altieri.

Caro Sergio, ben ritrovato. Siamo arrivati al quarto appuntamento con “Alan D. Altieri: tutti i racconti”. Tanta soddisfazione dai volumi precedenti, no?

Anzitutto, un grande grazie per l’attenzione e l’interesse che continuate a dedicare al mio lavoro. Venendo subuto al nucleo degli... “Underworlds”, la soddisfazione di poter pubblicare i miei racconti con questa continuità - a tutti gli effetti un volume all’anno - è enorme. Ecco perché voglio estendere i miei più profondi ringraziamenti a Stefano Res, mio Editor alla TEA, e a Cecilia Perucci, mia Editor a Corbaccio, per la loro umanità, professionalità e attenzione su un arco di ormai sedici anni di sforzi editoriali.

Concentriamoci ora di questo quarto segmento. Innanzi tutto, il titolo. Perché “Underworlds”?

Seguendo la premessa del primo racconto della raccolta, gli “Underworlds” in questione sono le zone d’ombra nei recessi più profondi della nostra mente. Ciò che si trova dietro quelle porte che davvero non vorremmo aprire a nessun costo. By-passando tutte le considerazioni sulla “ibridizzazione” dei generi, quelli di “Underworlds” potrebbero essere visti come racconti del soprannaturale. Da parte mia, preferisco definirli racconti del nero dell’anima.

“Underworlds” è distribuito anche in formato elettronico. Cosa ne pensi degli e-book?

Gli e-book sono - e, a mio parere, sono destinati a restare - LA “tematica del giorno” dell’editoria “globale” (oops!). Per quanto riguarda la disponibilità di testi, c’è solo l’imbarazzo della scelta e la tecnologia è tutta “ready to rock”. Al tempo stesso, si sta ancora lavorando sui diritti d’autore, sui vari “file format”, sui metodi di download, sull’accesso da parte degli utenti.

È un mercato potenzialmente fenomenale e in rapida, rapidissima evoluzione, sulla quale non ritengo sia però ancora possibile tracciare mappe chiare. Solamente il tempo - ma soprattutto i numeri - ci diranno dove stanno andando e come si stanno sviluppando gli e-books.

Le storie contenute in “Underworlds” sono sette, tra cui due inediti: “L’ultimo rogo della Morte Rossa” e “Totentanz”...

Come il titoto indica, L’ultimo rogo della Morte Rossa è il mio ammirato, deferente omaggio a Edgar Allan Poe, il Maestro più grande della letteratura gotica. Il suo La Maschera della Morte Rossa rimane uno dei capolavori assoluti non solo del gotico e dell’horror, ma dell’umana follia, simultaneamente distruttiva e autodistruttiva, di fronte al disastro cosmico. Ed è precisamente a quest’ultima prospettiva che ho voluto fare riferimento.

In Totentanz, la prospettiva è la stessa, solo rapportata al qui e ora. In Totentanz cerco di mostrare nel modo più crudo, più grottesco e più politicamente scorretto il superamento della frontiera estrema dei cosiddetti “reality shows”, quanto di più patetico, ridicolo, turpe ma soprattutto IR-reale ci venga propinato dalla (cosiddetta) televisione.

L’aspetto che ritengo più inquietante? Difficile dire quanto siamo effettivamente lontani - nella realtà (2 oops!) - dall’universo di Totentanz.

Dopo l’omaggio ad Edgar Allan Poe, in “Full Dagon Five” il grande chiamato in causa è ovviamente Howard Phillips Lovecraft...

Il titolo stesso stesso del racconto è un doppio omaggio: da un lato all’inarrivabile genio di HPL, quale a tutt’oggi ineguagliato erede e continuatore di Poe, e al suo straordinario racconto Dagon, dall’altro lato all’immortale profondità spirituale di William Shakespeare, il drammaturgo che ha esplorato ogni aspetto dell’angoscia dell’uomo. Profondità nel senso che Full Fathom Five appartiene alla poetica di Tempest, dove “fathom” è appunto una misura della profondità, equivalente a circa un metro e ottanta.

In Full Dagon Five metto in scena in scena un doppio conflitto: 1) l’uomo contro la divinità, 2) la divinità contro la divinità. Lo so: quanto sopra suona dannatamente presuntuoso - per non dire arrogante - e probabilmente lo è.

In ogni caso, da conflitti di quel genere tutti escono perdenti.

Uno dei racconti più amati dai tuoi lettori di lunga data è “Scarecrow”, che peraltro dava titolo anche all’antologia Oscar Mondadori che lo ospitò, vent’anni fa. Quanto è cambiato quel racconto rispetto all’originale?

Scarecrow rimane uno dei testi ai quali sono più legato. La prima versione venne scritta esattamente vent’anni fa. Era un horror puro. Questa nuova versione allarga il campo nella medesima area forse presentuosa e arrogante di Full Dagon Five: l’incontro, inevitabilmente destinato a diventare scontro, con qualcuno/qualcosa che potrebbe essere una deità.

In una pianura rurale tanto indefinita quanto minacciosa, tre personaggi finiscono in una disastrosa “discesa nel Maelstrom” - altro eco di Edgar Allan Poe - il cui esito, be’, potete immaginarvelo...

Il sottofondo lirico/musicale a questo vortice agorafobico (voluta contraddizione in termini) è One of us, la straordinaria canzone eseguita da Joan Osborne in cui viene posta una domanda primaria: E se dio, alla fine, fosse soltanto uno di noi, uno sconosciuto sull’autobus, alla ricerca della strada di casa...

“Giorno Segreto”. Ovvero: come Alan D. Altieri ti scrive un racconto di… streghe!

... le quali non solo sono tornate, ma non se ne sono mai realmente andate.

Danilo Arona (B/n)
Danilo Arona (B/n)
Va detto che Giorno Segreto non esisterebbe senza l’apporto del grande Danilo Arona, uno dei maestri italiani della narrativa dell’oscuro. Fu lui a coinvolgermi nell’antologia pubblicata dal bravissimo Larcher Editore in cui Giorno Segreto apparve per la prima e unica volta.

Mai mi sarei immaginato che un giorno avrei scritto un racconto sulle streghe, il quale si è rivelato una vera e propria sfida. Per questo ho cercato di rendere le streghe di Giorno Segreto non proprio quelle che ci si aspetta.

Le streghe di Giorno Segreto hanno una società, una struttura e, inevitabilmente, un libro sacro. Forse un po’ “troppo” sacro “for their own good”. Da qui la blasfemia, l’eresia e, in ultima analisi, la violazione terminale.

“sKorpi@ 6.6” era uscito in prima battuta nella AA.VV. “Bugs” (BD Editore, 2008). Una delle svariate antologie a cui hai partecipato. Sono esperienze che, in genere, giudichi positive?

Senz’altro. Quella dell’antologia a tema - lavorare con altri autori su una medesima focale - è una proposta a mio parere sempre valida, positiva, imprevedibile.

Nel caso di Bugs - nel senso di insetti - ero in una squadra eccezionale e varigata: da Dazieri a Di Marino, da Schiavone a Recchioni con la curatela dell’ottimo Tito Faraci.

Anche qui, ho un po’ piegato le regole: gli scorpioni non sono insetti ma aracnoidi, tutt’altra specie. Inoltre, lo specifico scorpione al fulcro del racconto finisce con “scavalcare i parametri” della natura. E del programmatore (3 oops!).

“Un’alba per l’Ecclesiaste” è un racconto stupendo. Poesia nell’Apocalisse. Vita nella polvere. Volontà nel pessimismo. Non l’hai inserito a caso, a chiusura dell’antologia. La frase con cui si chiude il racconto, e con cui si chiude quindi anche l’antologia, NON può venir citata qui. Sarebbe un sacrilegio, non un semplice spoiler. Posso azzardare ad affermare che questo è un racconto molto sentito anche dall’autore?

Nessun dubbio, e senza rivelare, ovviamente, quali sono le parole di chiusura del testo. E ti sono molto grato della tua valutazione del racconto stesso.

Un’alba per l’Ecclesiaste prosegue senza soluzione di continuità Miss Ecclesiaste, racconto che apparve per la prima volta sulla rivista “Max” (edizione passaggio del millennio) e che poi è stato ripreso nella mia precedente antologia TEA intitolata Armageddon.

La tematica, archetipica in se stessa, è una delle mie “all time favorite”: il mondo vuoto. In una New York che più deserta, spettrale e disgregata non potrebbe essere - ma senza le creature mutate dell’ultima versione cinematografica del capolavoro di Richard Matheson I am Legend - due anime perse finiscono con l’incontrarsi.

Forse le ultime due anime perse rimaste sulla terra.

Al di là del contenitore narrativo meta-apocalittico, Un’alba per l’Ecclesiaste è una storia d’amore: 10 oops! A patto, sia chiaro, di non ritenere che anche l’amore sia solo una leggenda.

Nel quesito precedente, ho usato il termine poesia… Beh, è da molto che voglio farti una domanda. Seppur con parole e modi differenti, svariati tra tuoi recensori, intervistatori e lettori (chi scrive compreso), hanno in vari modo sottolineato una qualche forma di lirismo, certo duro e greve, ruvido e tagliente, amaro e apocalittico, cupo, ma non per questo sempre privo di speranza. Un narratore, dunque, ma che attraverso uno stile decisamente personale e l’impronta altamente visiva, nonché la cadenza data da immagini, iperboli e parole-chiave reiterate come rime roventi, diventa (forse suo malgrado) anche un moderno poeta maledetto, oltre che un autore che tempra il suo acciaio narrativo sia nella vasca dell’escapismo che in quella dell’impegno (i contenuti sono sempre forti, profondamente umani), con tutto ciò che questa scelta di campo comporta. Certo, i significati che comunemente si danno a sostantivi come poesia e lirismo potrebbero suonare incongrui con quello che è stato definito, non a torto: “il Maestro italiano dell’apocalisse”, “più americano degli scrittori italiani” e un “insuperabile autore di tecno thriller”. Ma solo di primo acchito... Vuoi/puoi toglierci la curiosità di dirci come le vivi tu queste definizioni del tuo lavoro?

Non posso che esserne lusingato. Al tempo stesso, preferisco rifuggire da termini quali “maestro”, “insuperabile”, etc.

Quello che m’interessa è raccontare storie e porre domande, pur senza necessariamente dare risposte. Quello che conta è fare sì che il lettore voglia “vedere come va a finire”.

Più che di “poetica” - anche se sono ben contento della qualifica “maledetta” - in alcuni dei miei testi, preferisco parlare di stile, il quale deve essere congruente con la storia che racconto.

In ogni caso, prima di qualsiasi cosa, viene la narrazione.

Di recente, hai deciso di lasciare il testimone della direzione editoriale della Mondadori edicola, che hai guidato con un grosso impegno per vari anni, a Franco Forte. Una rinuncia riteniamo non facile, per varie ragioni, ma è un sacrificio di “Sergio” Altieri che consentirà senz’altro ad “Alan D.” Altieri di tornare a focalizzarsi con tutte le energie, in barba alle vessazioni del time management, sul campo di fuoco della narrativa in qualità di libero guerriero, piuttosto che come ufficiale con responsabilità dei suoi uomini. Le aspettative da parte dei tuoi fan - vecchi aficionados e nuove leve - sono alte. Quali lame stai affilando? A quale dei tuoi progetti in essere conti di dare priorità?

Onestamente, Fabio, “sacrificio” è un termine eccessivo. I miei sei anni da editor di Mondadori Category rimangono per me un’esperienza straordinaria sotto tutti gli aspetti: umano, editoriale, professionale, cognitivo. Ho imparato molto, e imparare è qualcosa che ha un valore inestimabile.

Oltre che essere mio fraterno amico da anni, Franco Forte è uomo di libri tra i più completi e preparati che abbiamo oggi in Italia. Autore, editore, traduttore, editor, curatore e chi più ne ha più ne ha più ne metta. Tutti ruoli che Franco ha ricoperto e continua a ricoprire con la massima etica e la più inappuntabile professionalità. Mondadori Category è nelle mani migliori.

Da parte mia, era venuto il tempo di tornare alle origini: la parola “pura”, nel senso di scrittura e traduzioni.

Riguardo a queste ultime, tra breve - fine ottobre, inizio novembre - Mondadori Omnibus pubblichera’ I Guerrieri del Ghiaccio, decimo, attesissimo volume della grande saga fantasy “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”, di George R.R. Martin - parte uno di tre del volume originale A Dance with Dragons - testo che ho l’onore di tradurre di assieme a Gaetano Staffilano, mio grande amico e vero mentore.

Sul fronte scrittura, sto concludendo le ricerche storiche per Magdeburg 4: La Via della Spada e sistemando alcuni capitoli di raccordo per una nuova serie “futuristica” chiamata Terminal War.

Hey, man, we never sleep!

L’appuntamento con il prossimo volume di “Alan D. Altieri: tutti i racconti” è per ora al buio, o abbiamo già un titolo, o un elemento accomunante con cui solleticare l’interesse dei lettori?

Nessun buio riguardo al nostro prossimo appuntamento antologico. Niente fine del mondo nel libro TEA 2012 ma, spero, qualcosa di inaspettato: donne guerriere. That’s right: quando dietro il grilletto ci sono le signore. Perché quindi non chiamarle “She-Warriors”?

Grazie Sergio di essere stato ancora con noi. Alla prossima!

Grazie a te, Fabio. E grazie anche a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di seguirci.

Alan D. Altieri – Underworlds (Echi dal lato oscuro). Narrativa TEA. Pag. 264. Euro 12,00.