Chi segue i vari percorsi dell’horror italiano, sa che Cristiana Astori ha una passione e un talento naturale per... Tutto quel nero, titolo del suo romanzo di imminente uscita nelle edicole per Il Giallo Mondadori.

È stata la prima autrice italiana a ricevere una frase-lancio per il proprio libro niente meno che da Joe R. Lansdale, ma oltre tutto questo... anzi, dietro tutto questo, la Astori è un’apprezzata traduttrice.

Oltre ai romanzi qui sotto citati, ecco qualche titolo da lei tradotto: Fiume di sangue e L’ultimo copione di John Pellam, entrambi di Jeffery Deaver; Tyrannosaur Canyon di Douglas Preston; inoltre segue tuttora la serie di romanzi che Jeff Lindsay ha dedicato al personaggio di Dexter: Il nostro caro Dexter (riedito ne Il Giallo Mondadori come Dexter il devoto), Dexter l’oscuro, Dexter l’esteta, e sta completando il nuovo titolo che arriverà presto in edicola.

Cominciamo con lei il ciclo di interviste alla scoperta di cosa si celi dietro la professione del traduttore.

Quand’è che hai deciso di diventare una traduttrice? E, se non l’hai deciso, come ti ci sei trovata in mezzo?

Sono sempre stata affascinata dai libri stranieri, infatti a quindici anni andavo a Torino a rovistare nelle librerie in cerca degli originali di Agatha Christie e Stephen King, curiosa di leggere i miei passaggi preferiti scritti con le parole dell’autore. Non avevo mai pensato però che avrei potuto diventare una traduttrice e sono molto grata ad Andrea Carlo Cappi che mi ha incoraggiato a provarci e mi ha pazientemente insegnato i trucchi del mestiere. La mia prima traduzione è del 2005 ed è stata Terra bruciata (Firebreak) di Richard Stark (aka Donald Westlake) per Alacrán.

Secondo te è più faticoso tradurre un romanzo o scriverlo?

Be’ sicuramente scriverlo, perché prima della stesura ti devi preoccupare di stabilire l’intreccio, i personaggi, l’atmosfera e altri dettagli. Però è anche vero che nel tradurre devi riuscire a modellare il tuo stile su quello dell’autore, e anche qui è importante cogliere intreccio, personaggi e atmosfera cercando di renderli come lui li avrebbe resi. In pratica, devi entrare nella sua testa e fingere di essere lui stesso mentre scrive. L’ideale è tradurre una serie in cui hai già preso confidenza con questi elementi e riesci ad andare avanti in modo più naturale.

 

Ti è capitato di tradurre un autore che proprio non sopporti?

Questo no, per fortuna. Anche se alcuni passaggi de La bambola che dorme (The Sleeping Doll) di Jeffery Deaver li ho trovati pesanti, in particolare quando si dilunga sulla vita familiare dell’agente Katherine Dance in intermezzi non funzionali alla trama.

Il testo che più ti ha fatto ammattire a tradurre? E quello che invece più ti ha divertito?

Quello più devastante è stato Dracula cha cha cha di Kim Newman (Urania), non solo per i continui riferimenti al cinema e alla cultura popolare anni Sessanta, ma per l’abbondanza di freddure british intraducibili nella nostra lingua, ma di cui è necessario trovare un’equivalente, visto che, per aumentare la scorrevolezza della lettura, molti testi non prevedono l’uso di note. Il più divertente è senza dubbio Dexter. Anche qui ci sono parecchi giochi di parole, ma sono ampiamente ripagati dalla scrittura sarcastica e brillante di Jeff Lindsay.

C’è stato qualche romanzo che, traducendolo, hai avuto una gran voglia di aver scritto tu?

Parecchi... devo dire che mi sono quasi sempre capitati ottimi autori. Comunque tra quelli che mi hanno fatto schiattare di più metterei Terra bruciata di Richard Stark e Sotto terra (Shallow Graves) di Jeffery Deaver.

I personaggi di Parker e John Pellam sono due grandi della lettaratura noir.

 

Tu hai tradotto il secondo e terzo episodio della trilogia zombie di David Wellington: che effetto ti ha fatto lavorare con i tuoi amanti morti viventi?

Sicuramente un ottimo effetto. Come ti dicevo, sono stata decisamente fortunata nell’assegnazione dei titoli, e spero che continui a non capitarmi nessun romanzo rosa! Scherzi a parte, alcuni pezzi di Wellington li ho trovati un po’ troppo grotteschi e non a tema con il resto della vicenda, ma ho apprezzato molto l’idea di dare una coscienza agli zombie. Ricordo ancora il passaggio geniale di una ragazza che si risveglia in un letto d’ospedale circondata da morti viventi che hanno appena divorato le infermiere. Sta per urlare dal terrore, poi si accorge meravigliata che nessuno la degna di uno sguardo, per poi scoprire con raccapriccio di essere diventata lei stessa una morta. Niente male, no?

Ti è mai capitato di aver voglia di “aggiustare” qualche passaggio mal scritto? Secondo te un bravo traduttore aggiusta o lascia così com’è?

Be’ gli aggiustamenti anche minimi si fanno sempre. Per esempio la punteggiatura spesso va modificata, perché le frasi inglesi tradotte in italiano risultano più lunghe, quindi quelle con più subordinate vanno spezzate, sempre rispettando il ritmo scelto dall’autore. Inoltre in inglese hanno l’abitudine di semplificare senza temere ripetizioni, così prima dei dialoghi usano quasi sempre il verbo «disse», che in italiano va sostituito con «fece, affermò, replicò, dichiarò ecc...» a seconda del contesto. Per il resto tendo a lasciare il testo immutato, anche perché come autrice sono molto gelosa di ciò che scrivo e mi secca se viene cambiato, così cerco di comportarmi allo stesso modo!

 

La traduzione cine-televisiva ha dei limiti (tempistica, ritmo, labiale degli attori, ecc.): c’è un corrispettivo di questi limiti in quella cartacea (come per esempio il numero di pagine del libro finito)? E se sì, quanto possono influire questi limiti sul lavoro di traduzione?

Come dicevo, quando traduco faccio il possibile per mantenere invariato il ritmo scelto dall’autore. Ogni stile ha una sua musicalità ed è importante riuscire a rispettarla. Poi è chiaro che il testo italiano risulta più lungo, proprio perché ci esprimiamo utilizzando più parole degli inglesi, ma finora nessun editore mi ha mai posto dei limiti. Naturalmente, visto che si viene pagati a battuta, è lasciato al buon senso del traduttore non sbrodolarsi senza motivo per intascare di più...

Per finire, qual è il libro (o la serie di libri) di cui vai più fiera di aver curato la traduzione?

Dexter ovviamente... adoro quell’uomo!