"Hai un grosso problema", dice l'ispettore Negro a De Luca.

De Luca la fissa con sguardo perplesso. "Io?"

"Sì, tu, ma potrebbe riguardare anche me. Hanno forzato casa tua", dice Grazia Negro, cogliendo un lampo di sorpresa e di stizza negli occhi del commissario. "I tuoi vicini hanno visto un individuo aggirarsi sul retro come un lupo. Indovina a chi assomiglia la descrizione fatta?"

"Coliandro?", è la risposta rabbiosa del commissario.

"Esatto. Potrebbe essere un problema se ha trovato il manoscritto."

"Non lo ha trovato."

"Come fai ad essere così sicuro?"

"Perché il posto in cui è stato messo lo conosciamo solo in due."

"Chi è l'altro?"

"Dovresti saperlo."

De Luca si alza, tremante, e va verso la porta passando oltre l'ispettore.

"Dove vai?", chiede lei. "Non lo troverai in casa, i vicini hanno visto che qualcuno l'ha portato via. Ma non hanno saputo riconoscere né l'auto né quanti fossero."

De Luca la fissa negli occhi: "E tu come fai a sapere tutte queste cose?"

L'ispettore Negro fa spallucce. "Al 113 c'è gente che mi deve fare qualche favore."

"Cercava il manoscritto, giusto?"

L'ispettore Negro annuisce.

"Tra quanto tempo sarà informato Ricchiuti?", dice De Luca.

"Venti minuti, forse trenta."

"Ok, dovrebbe bastare."

"Dove vai?"

"A trovare un amico", è la risposta del commissario, che senza troppi convenevoli se ne va, lasciando Grazia Negro sola nel suo ufficio.

Buio.

Solo buio e un gran mal di testa.

Correre non serve, avrebbe dovuto capirlo da tanto tempo.

Eppure Coliandro è fatto così: un setter all'inseguimento della preda.

Nel buio si sente smarrito. Chi lo ha colpito? Era a casa di De Luca, aveva trovato il manoscritto... No, adesso ricorda bene. Non ha trovato il manoscritto, quello che diceva che... No, De Luca aveva fatto sparire tutto, ma perché?

Si massaggia la testa che gli fa ancora male. Improvvisamente si apre una porta che inonda di luce artificiale la piccola stanza vuota dove è rinchiuso. Coliandro, uomo d'azione, vorrebbe saltare subito addosso all'ombra che si staglia sulla porta, colpirla, lottare e scappare, ma si rende conto di essere legato bene ad un letto.

L'ombra fa un passo e il volto del suo carceriere diventa visibile.

"Oh", è l'unica cosa che riesce a dire Coliandro, stupito di riconoscere quel volto.

Il locale è ancora chiuso, i clienti solitamente cominciano ad arrivare verso le dieci di sera. Le sedie sono sui tavoli e le poche luci accese servono ad agevolare il personale delle pulizie. Il locale è molto rinomato a Bologna, anche se vive di una fama che non gli appartiene più. Però la gente continua ancora a venire, i piatti del menù alla carta hanno un costo elevato, ma non folle come hai tempi d'oro e la cucina tutto sommato è discreta. I fasti di un tempo hanno lasciato in piedi un vecchio elefante agonizzante, ma finché ci sarà clientela, ci sarà vita.

Il commissario De Luca osserva la donna dietro al bancone. Sta scrivendo su un foglio. È mora, occhi grandi e scuri, i capelli lunghi raccolti in una chioma fluente. Il viso ovale, allungato, morbido, così come il naso, tondo ma non volgare. Il trucco e le luci non aiutano a capire bene l'età, ma gli "anta" deve averli superati da poco. Ha una profonda scollatura che mostra generosamente un seno ancora sodo.

Il commissario De Luca si è accomodato e attende il proprietario del locale, Mauro Pantaleone.

Non è una lunga attesa.

"Caro, è sempre un piacere vederti", dice un uomo grande e grosso con una barba curata e un ventre che sembra esplodere. È vestito in modo eclettico, ma non volgare né ridicolo. Al collo un fazzoletto di seta rosso, estremamente kitsch. Gli sorride, il viso paffuto irradia una vampata di allegria. Ma è allegria malvagia, pensa De Luca, così come lo era quella di Nerone.

"Anche per me", risponde De Luca.

Il commissario conosce l'uomo da oltre vent'anni. Un tempo erano amici, poi Mauro Pantaleone aveva fatto il grande salto: un locale in centro, luogo di incontro di "gente col grano", calciatori e veline su tutti. E lì le loro strade si erano divise, perché il suo vecchio amico aveva cominciato a spacciare e probabilmente, allargato i suoi interessi al mondo della prostituzione. Condannato, era stato talmente ben educato in carcere che, appena uscito, aveva ripreso i suoi affari abituali.

"Mi fai compagnia, vero?", dice l'omone, posando due bicchieri e una bottiglia di whisky sul tavolo. Senza aspettare una risposta, versa da bere in entrambi i bicchieri, poi dice: "ai vecchi tempi e ad un amico che non mi ha mai abbandonato."

Il Commissario prende il suo bicchiere e beve. In sottofondo una canzone di Cyndi Lauper di cui non ricorda il titolo.

Per un po' chiacchierano di argomenti neutrali, famiglia, figli, automobili. Il commissario De Luca scopre che l'amico ha dovuto vendere l'Aston Martin perché scomoda, vista la sua mole, e si è dovuto accontentare di un SUV molto costoso. E mentre l'amico racconta, il Commisario pensa che alle volte il crimine paga.

"Scommettiamo che indovino il motivo della tua visita di cortesia?", dice Mauro Pantaleone.

"Cosa scommettiamo?"

"Non saprei, un uomo che ha tutto cosa può desiderare?"

"Un uomo che ha tutto desidera quello che gli manca."

"E cosa mi mancherebbe?"

Il commissario De Luca guarda il locale, fissa per un breve istante la donna avvenente che sta dietro al bancone e poi i suoi occhi si posano lentamente sulla bottiglia da duecento euro che c'è sul tavolo. Immagina anche il suo amico su un SUV bianco, appena uscito dal concessionario. E pensando a tutto questo dice: "ti manca la normalità. E tra qualche anno scoprirai che è il bene più prezioso che potevi possedere."

La canzone di Cyndi Lauper termina e quel che resta è silenzio.

Poi Mauro Pantaleone scoppia in una fragorosa risata, urla rivolto i ragazzi e le ragazze che stanno pulendo ai tavoli ed elogia con aggettivi meravigliosi il suo amico.

"Non cambierai mai", dice alla fine, picchiando con forza la mano destra sul tavolo.

"Nemmeno tu, questa risata è identica a quella che facevi quando recitavi il Falstaff di Shakespeare", dice, ricordando i tempi in cui l'amico, prima di perdersi, voleva fare l'attore, perché il teatro era la sua vita e perché era nato per stare su un palcoscenico.

Ma con il passare del tempo i sogni erano andati incontro all'inverno e si trasformano in alberi senza frutto, privi di vita. Accade a tutti; era accaduto anche al suo amico.

"Pensavo di essere un rivoluzionario, un artista dal talento infinito, ed invece avevo meno coraggio di qualunque bottegaio."

"Un talento infinito da solo non basta."

"Sì, ma il coraggio lo avevi tu non io", dice Mauro Pantaleone. Per la prima volta sembra quasi voler calare la maschera. Un velo di amarezza gli copre di grigio il viso paffuto; la sua bocca è un piccolo fiordo battuto dalle acque salmastre della disillusione.

I soldi non possono comprare la normalità.

"Ah", Mauro Pantaleone emette un suono gutturale. La conversazione si sta facendo noiosa e, soprattutto, pericolosa, perché certi fantasmi fanno paura a tutti. Così il proprietario del locale ritorna al primo argomento: "scommettiamo una birra, è tutto quello che mi interessa oggi. Vuoi sapere dov'è sparito Coliandro, vero? E sai chi lo ha preso, giusto?"

De Luca annuisce.

"Però non sai dove lo hanno portato."

De Luca annuisce di nuovo.

"Sai che ti costerà molto questa informazione."

"Una birra, come sempre."

Il ciccione ride ancora, è una risata baritonale, teatrale e ricorda al commissario De Luca l'amico innocente che fu. Ma poi quanto innocente era? Il verme della corruzione doveva aver cominciato il suo lavoro fin dall'adolescenza.

"Una birra. E se andrò nei casini, ti ricorderai di me?"

"Nelle mie preghiere", ironizza De Luca.

"Sei troppo acuto, amico mio. Non farai mai carriera."

"E tu troppo stronzo per fermarti in tempo."

Mauro annuisce. "Coliandro si trova qui", dice Mauro, passandogli un foglio stropicciato.

Il contatto delle mani genera in De Luca una strana sensazione che potrebbe chiamare affetto.

"Mi è costata cara, spero possa servirti. A proposito, sai cosa stava cercando a casa tua?"

"È meglio che tu non lo sappia", dice De Luca e il tono non ammette replica.

Mauro si stringe nelle spalle. "Sei troppo serio, un tempo sapevi divertirti."

"Ti sbagli. Io riesco ancora a divertirmi e tu?"

Mauro Pantaleone non risponde a quella provocazione, tuttavia nei suoi occhi passa un velo di tristezza.

Possibile? Il Capo in persona l'uomo che si trovava di fronte a lui.

"Sai perché voglio raccontarti una storia?"

Coliandro scuote energicamente la testa.

"Perché mi sei simpatico."

Il quelle parole Coliandro non ci vede nulla di buon. Anzi, le viscere gli si rivoltano per la paura.

"Sei stato bravo con Gargiulo", dice l'uomo. "Però sei stato uno stupido ad andare a casa di De Luca. Era il primo posto nella lista dei luoghi dove cercarti."

"Il manoscritto..."

L'uomo alza una mano. "Non avere fretta, arriveremo anche al manoscritto."

"De Luca e Grazia Negro sono coinvolti?"

"Coinvolti non è la parola giusta", dice l'altro cercando di essere enigmatico.

"E qual è allora la parola giusta?"

"Devoti. Hanno compreso la causa, hanno capito l'importanza del manoscritto. Tu invece non vuoi ancora capire."

"Io cerco giustizia!"

"Giustizia per chi? Per Lucarelli? Non farmi ridere, lo odiavi e il tuo odio era serenamente contraccambiato. Ti ha fatto solo un favore, perché se nel testamento non si troveranno divieti come in quello di Schulz, il papà di Charlie Brown. Tu potrai vivere nelle serie televisive per molti anni, le tue storie le scriveranno altri. Dalla morte di Lucarelli mi sembra che puoi solo guadagnarci o sbaglio?"

"Non sarò mai un tuo devoto!", urla Coliandro, cercando di liberarsi rabbiosamente.

Il Capo non si scompone a quello scatto d'ira.

Punta una pistola in faccia a Coliandro e fa scattare il cane.

Mauro accompagna il commissario De Luca all'ingresso. Una cameriera lo fissa intensamente, trovandolo forse anche carino.

"Quella te lo mangerebbe", dice Mauro con un sorrido mefistofelico. "Vuoi il suo numero di cellulare?"

"No grazie, credo ancora nella poesia del sesso."

Si salutano.

Appena il Commissario sale in macchina, la donna al bancone si avvicina a Mauro Pantaleone. La luce del giorno è meno clemente con le rughe del suo viso.

"Perché non gli hai detto che l'indirizzo te l'ha dato il Capo?"

Mauro Pantaleone si volta verso di lei e la fissa senza dire una parola.