“Se vedi qualcosa, dillo.”

“Non si sa mai che ci sia più di quel che appare”

“La gente vede quel che vuole vedere”.

Questi tre slogan racchiudono in sintesi la storia di I dodici segni, l’ennesima avventura, al primo posto in classifica di vendita negli Usa e in Inghilterra, di Jack Reacher, personaggio creato dalla penna di Lee Child.

Reacher è un ex-maggiore pluridecorato della polizia militare dell'Esercito degli Stati Uniti, che una volta lasciato l’esercito, decide di diventare un vagabondo. Vaga per gli Stati Uniti, viaggia solo in autostop, in autobus o a piedi, in maniera da non lasciare traccia di sé.

Pochissimi soldi in tasca (“Per me duecento dollari sono una ricchezza”), uno spazzolino pieghevole e un passaporto scaduto è tutto quanto è in suo possesso. Indossa i suoi vestiti per due o tre giorni prima di disfarsene, acquistandone nuovi a basso costo in qualche catena discount.

L’inizio è molto promettente. I tempi sono scanditi dalle undici regole imposte dal terrore dopo l’11 settembre. La paura e l’angoscia dettano sempre nuovi comandamenti. Una maniera per sentirsi più protetti, soprattutto psicologicamente.

Il ripasso mentale di Jack Reacher di questi undici punti si contrappone alla perfezione al meccanico avanzamento della metropolitana sulla linea 6 sotto New York, così come si interrompe con una tempistica da fare invidia al miglior centometrista quando il mezzo si ferma e le porte si aprono senza che nessun altro passeggero salga su quel vagone. La tensione si mantiene davvero alta e lo stato d’animo dei protagonisti si percepisce pagina dopo pagina.

Si finisce col respirare al ritmo riflessivo, indagativo, ma preoccupato di Reacher, ma allo stesso tempo anche a quello nervoso e impaurito della donna sospettata di essere la terrorista, pronta a farsi saltare in aria da un instante all’altro.

Riporta la seconda di copertina:

Manhattan, tre di notte. Un vagone della metropolitana semivuoto corre sotto la città. A bordo, Jack Reacher, l'eroe solitario che ha scelto una vita da vagabondo per le strade d'America, munito solo di un passaporto e di uno spazzolino da denti, un uomo che cerca di sfuggire i guai tanto quanto i guai cercano di raggiungere lui. Mentre cerca di ammazzare la noia del viaggio, Reacher nota qualcosa di strano nel comportamento di una delle passeggere. Tutto in lei sembra corrispondere alle caratteristiche elencate in un documento segreto stilato dai servizi segreti israeliani per individuare un terrorista suicida. Avvicinatosi alla presunta terrorista, Reacher si qualifica, mentendo, come poliziotto e le chiede di togliere lentamente la mano dalla borsa che tiene in grembo, ma invece del pulsante detonatore, la donna estrae una pistola e si suicida. Questa morte assurda e inspiegabile, l'intervento immediato di uomini del dipartimento di Stato e dell'FBI, nonché la rivelazione che la donna, Susan Mak, era un'impiegata del Pentagono, spingono Reacher, come sempre solo contro tutti, a voler vederci chiaro...

Nel prosieguo della storia però, gli avvenimenti si avvitano su se stessi. Lee Child esagera nel riportare dettagli di pura – seppur lodevole – informazione riguardo a varie tematiche di secondo e terzo piano che poco hanno a che vedere con il plot narrativo, provocando in questo modo un rallentamento innaturale delle vicende e spezzando in certe situazioni il giusto climax e pathos che aveva invece saputo creare sapientemente e con mestiere solo qualche pagina prima.

A parte questo neo, continuando nella lettura, l’intreccio va ad ingolfarsi e a farsi troppo complicato, con molte situazioni identiche che si ripetono e che alla fine finiscono con l’affaticare.

Facendo un paragone spicciolo ed elementare è come se per chiudere una porta si sfruttassero tutte le mandate possibili, fino all’ultima, mentre invece basterebbe un singolo, al massimo un doppio giro di chiave.

Lo stesso protagonista Jack Reacher in questa avventura, non è al suo meglio, appare stanco, piegato dai tanti eventi che ha dovuto sopportare in tutti i suoi anni di onorata carriera di personaggio seriale. Ci sembra rivelatrice, la continua attenzione che lo stesso Child presta alle spiegazioni su come dormire in un hotel di lusso spendendo in realtà solo cinquanta dollari e via dicendo.

Quasi una celata confessione sul fatto che il suo personaggio comincia a dare segni di un logorio per troppo uso in migliaia di pagine pregresse.

Si arriva così piuttosto stancamente a un finale inverosimile ed esagerato. Una prova insomma incolore e sottotono, che sottoscrive la presenza di un labirinto inestricabile in cui il lettore si trova imprigionato nel corso di tutto il libro, tornando spesso controvoglia sui propri passi.