"Facendo appello alla sua affilata e coinvolgente tecnica narrativa Massimo Siviero inietta sin dall'avvio, nel nuovo Vendesi Napoli, alcuni eterogenei e inquietanti eventi ai quali lo spedito meccanismo d'intrecci imprime pure un che di fosforico, un brivido metafisico e fascinose incursioni nella sfera della letteratura. L'ambiente, realisticamente individuato, comincia ad accogliere quasi con stupore un nugolo di fatti che, nella loro disposizione in apparenza casuale, nasconde un perverso disegno criminoso. La prosa di Siviero, articolata in segmenti secchi, tra mulinelli di notizie e sorvegliate censure, favorisce l'incedere sorprendente dell'intrigo e ne sottolinea i cupi rimbalzi e, insieme, un contrappunto allegro di macchiette. Sempre presente, Napoli, ferita dai suoi cronici problemi di vivibilità, sfoglia un album generoso di vedute su cui si posa la malinconia di chi scopre devastazioni e veleni e si difende con l'invenzione fantastica, il paradosso, l'ironia: antiche strade, vicoli, qartieri ribattezzati con toponimi "moderni"; il Maschio Angioino trasformato in una "fortezza di malavita in doppiopetto"; i "fantasmi" di Toulouse-Lautrec dispersi nel ventre della Galleria. Mentre parla di un "enigma dell'ignoto", l'autore ascolta le voci delle pietre della storia, affronta il rebus delle spoglie di Leopardi, condanna lo sperpero dei tesori del passato. Le "strane coincidenze" della trama gialla, felicemente sciolta dal commissario, spingono in atmosfere imprevedibili che avvolgono "l'aorta Spaccanapoli", i rioni allungati "come mostri" in quel "corpo vecchio di città malata" e gli splendori della Torre dell'oro. Visionario e cronachistico, Vendesi Napoli ha nel mirino un bersaglio di problemi: dal sottosuolo al sole.

(Giuseppe Amoroso)

Vendesi Napoli è il nuovo romanzo di Massimo Siviero, edito dalla casa editrice Flaccovio nella collana Gialloteca, uscito nelle librerie a partire dal mese di maggio.

La vicenda si svolge a Napoli, quando la città viene sconvolta da uno strano incidente: una moto non sfiora nemmeno il soprintendente ai beni culturali Goffredo Handmann però lo ammazza sul colpo.

Il commissario Gabriele Abruzzese indaga sull’omicidio, ma nel giro di breve tempo arrivano altri delitti uniti a una serie di raid inspiegabili tra le tombe di uomini illustri, da Giambattista Vico a Giacomo Leopardi. C’è un collegamento fra questi episodi e la morte del custode dell’arte partenopea?

Il commissario Abruzzese, armato di un bizzarro alpenstock e di acume investigativo, si confronta con gli antichi misteri che emergono dal ventre di Napoli, ma anche con le moderne brutture che devastano una città destinata a cambiare faccia. E di cui qualcuno vorrebbe vendere anche l’anima.

Questa è in breve la trama dell’opera, che il suo stesso autore definisce “un giallo anche politico e sul malaffare, che con ironia descrive le tre anime politiche del paese, che possono diventare infinite. O soltanto due: i poli che si alternano nel Palazzo, contrapposte all'area antagonista dei resistenti e dei disobbedienti globali i quali spesso vivono ai margini della legge. Comunque molto meno di certi signori del potere. E tutto questo avviene mentre vengono svenduti al peggior offerente i tesori dell'arte e della storia a prezzi da saldi di stagione. Leggere per credere...".

Purtroppo, però, il romanzo, che racchiude molti temi interessanti, sembra fermo alla sua prima stesura, alla bozza, se così si può dire. Lo stile è molto semplice, quasi schematico, in certi punti troppo superficiale. Perciò gran parte della narrazione perde il suo fascino. I dialoghi risultano scarni e buttati sulla pagina in modo quasi brutale. I personaggi non vengono approfonditi e scavati in modo tale da restare davvero impressi al lettore. La stessa Napoli, teatro delle vicende, città magica dalle mille facce e dai mille segreti resta quasi appena abbozzata sullo sfondo, senza scoppiare in quella che potrebbe essere tutta la sua potenza di ambientazione narrativa.

Perciò la storia scivola via sulle pagine, davanti agli occhi del lettore che però non vi trova all’interno quegli stimoli che l’autore avrebbe voluto trasmettere, ma che in realtà accenna appena tra le righe.

La storia potrebbe essere molto appassionante, per nulla noiosa, suscitare i brividi da vero romanzo giallo, se avesse uno spessore più concreto che in realtà manca. A nostro avviso il libro potrebbe diventare un’opera di rilievo, se l’autore avesse la possibilità di riprendere in mano la bozza e lavorarci nuovamente.

(Chiara Bertazzoni)

"Siviero si è tuffato fruttuosamente nell'enigmatica e sospettosa atmosfera del giallo ed è nato il testo Vendesi Napoli. Pure qui, come in Camilleri, predomina la figura del commissario, che si chiama Gabriele Abruzzese, solo che l'uccisione del soprintendente ai beni culturali Goffredo Handamann (da cui prende le mosse l'intera impalcatura del romanzo) appare gratuita non solo nella sua dinamica esteriore dei fatti, ma pure nelle motivazioni, che risultano spropositate rispetto alla commissione dell'omicidio. Il "Maggio dei monumenti" si svolgerà dunque sotto i peggiori e malefici, addirittura macabri, auspici. Tutto lo svolgimento della trama è condotto bene, senza frange inutili né sbavature che possano oscurare la genesi della rappresentazione in gioco di immagini e figurazioni, anziché di collegamenti tra fatti accaduti e racconti di essi. La scrittura è secca, ma non monotona né opprimente, pur se spesso fa vibrare voci rauche e toni bassi, aderenti allo svolgimento del canovaccio, che non è monocorde, nonostante l'assunzione di fatti ed eventi che non sfuggono alla peculiare natura studiata dall'autore in funzione di risoluzioni poliziesche con atmosfere torbide da vero thriller all'ombra del Vesuvio. In questo libro una folla di personaggi gremisce le pagine e Napoli non ne esce ferita nella sua immagine, o identità, perché i fatti descritti costituiscono purtroppo un triste e reale appannaggio di moltissime altre città italiane attanagliate dalla criminalità. Quella di Siviero è una scrittura colorita e vivace, non ardita né superata, ma coreograficamente corretta".

(Elio Bruno)