Con il Vecchio… 

La casa stregata di Carter Dickson, Mondadori 2011.

Il Vecchio, ovvero sir Henry Merrivale, è citato subito all’inizio dal suo collaboratore Ken Blake che racconta la storia, ma entra in azione solo oltre metà della vicenda. Il famoso medico, criminologo e avvocato è uno “strano personaggio, straordinariamente pigro, straordinariamente garrulo e sciamannato, sprofondato nella sua poltrona con gli occhietti assonnati, le mani intrecciate sul pancione e i piedi sulla scrivania”.  Ufficio al ministero della guerra, un po’ in alto per la verità, con ben cinquemila gradini (sì, avete letto bene) per arrivarci. Alla porta targhetta con nome e cognome, più qualche foglio scritto a mano con diverse minacce a chi osa entrare. Grande mole, pur non essendo alto, adagiata su una poltrona di cuoio, calzini bianchi ai piedi, testone quasi calvo, lenti di tartaruga, cappello a tubo di stufa vecchio e spelacchiato, cappotto lungo dal collo di astrakan mangiato dalle tarme. Fuma la pipa e più che parlare ringhia e grugnisce. Dal momento della sua apparizione tutti gli occhi fissi su di lui…

Al sodo. Plaghe Court è infestata da un fantasma, Louis Plage, assistente di un boia del XVII° secolo, morto durante una epidemia di peste, dopo avere maledetto il proprietario della casa. Per esorcizzarlo viene chiamato una specie di mago, Roger Darworth, che si rinchiude in una piccola costruzione nel cortile della casa, chiusa con un catenaccio alla porta e del tutto inaccessibile. Chiaro che viene trovato morto pugnalato proprio con il pugnale di Luois scomparso dal London Museum, e dunque classico mistero della camera chiusa.

Ken Blake, invitato da Dean Halliday a trascorrere una notte proprio a Plaghe Court, a sua volta invita l’ispettore di Scotland Yard Masters in veste privata. Qualche spunto in qua e là: atmosfera di paura, fantasmi, luci delle candele, ombre, rumori, magia, gatto con la gola tagliata, un attentato con giardiniera di pietra grigia che cade dall’alto, campana munita di filo di rame, pezzi di vetro nel fuoco del caminetto, bruciato incenso con profumo “assai greve”, lettere del 700. Aggiungo l’episodio dell’esperimento di scrittura automatica di Darworth con l’ultima riga che minaccia “Ti restano soltanto sette giorni”. Chi vuole ucciderlo? Il fantasma del passato? E quali personaggi del presente hanno l’interesse a farlo fuori?  Si tratta del “caso di omicidio più sbalorditivo e stupefacente dei tempi moderni” e dunque bisogna chiamare il Vecchio. Sceneggiata finale con un fantoccio grosso come un uomo. Non mancano, da parte di Carr, critiche a certi libracci sulla camera chiusa e lui te ne tira fuori una mica da ridere. Ma solo Carr riesce a rendere quasi credibile una storia impossibile.