La Guerrera è tornata.

Agguerrita ma un po’ disillusa, sempre conturbante, capoerista per passione, danzatrice per vocazione, coi suoi capelli neri e lisci lunghi fino al sedere e gli occhi rubati a una notte turca. La Guerrera, al secolo Elisa Guerra, è in Fuego (Elliot) ancora una volta spalla dell’ispettore Basilica, uomo solo apparentemente tutto d’un pezzo. Il primo omicidio è così insolito che nemmeno gli inquirenti si sbilanciano. L’unico indizio porta agli ambienti delle notti bolognesi latino-americane: traffici strani di pastiglie fucsia e di donne straniere sono il viatico per esaudire desideri perversi. Ma non sono le indagini ad accentrare la storia, con tutto che l’acribia delle procedure è spia della preparazione criminologica dell’autrice Marilù Oliva, che già col precedente “Tu la pagaràs!” (sempre edito da Elliot) aveva messo in campo medici legali (la deliziosa e maldestra dottoressa Virginia) e iter polizieschi plausibili. Non sono le indagini a farla da padrone, dicevo, e alla fine i misteri si sciolgono.

La città è in fiamme, il caldo di luglio la immobilizza, un piromane semina incendi e personaggi surreali si muovono accanto a individui che ognuno di noi incontra nella vita quotidiana, tutti credibili, tutti con una storia alle spalle che trapela dai dialoghi, dai rovelli interiori, dalle azioni, dai flash quasi filmici anche di pochi secondi.

La Guerrera continua la sua lotta per la sopravvivenza: gli ostacoli sono il precariato, i vuoti dell’animo, la meschinità di un mondo frivolo. L’occupazione momentanea (consegne a domicilio in una pizzeria da asporto gestita da un pachistano) le fa scoppiare l’inadeguatezza da sempre covata e da sempre tenuta a bada con sogni e progetti. Quando inciamperà, sarà per l’incapacità di riconoscere gli imprevisti mascherati e poco conta che si presentino sotto forma di sconosciuti, di debiti insoluti, di una bellissima voce nera giunta dall’oltreoceano. Lei cadrà ma subito dopo si rialzerà, ecco spiegata l’essenza profonda del suo soprannome: l’importante non è vincerle subito, le guerre. L’importante è non soccombere. Non è del tutto sola, questa lottatrice di capoeira che conosce segreti e corruzioni di ballerini e insegnanti di danza: l’amica Catalina, con la sua dolcezza azzurra e i suoi studi da alchimista, l’aiuterà nell’interpretazione esoterica del fuoco e Dante le coprirà le spalle con la saggezza sempre attuale dei suoi versi indelebili. La funzione di Dante l’ ha specificata l’Oliva nei ringraziamenti: il Poeta è «insostituibile collante tra l’infinito cui alcuni personaggi anelano e la dannazione cui sono incatenati, nonché figura paterna per la protagonista». Ma Dante è anche la soluzione che farà quadrare il cerchio con una raffinata interpretazione che dalla Commedia passa per l’alchimia e per l’astrofisica.

Questa scrittrice nata a Bologna, appassionata di letteratura ispanica (ha scritto un saggio su Márquez edito da CLUEB) e docente di lettere alle superiori, collabora per diversi web-magazine e nel suo passato ha fatto diversi lavori tra cui l’insegnante di salsa. Scontato, dunque, dire che ci trascina dentro le pagine prendendoci per mano come se volesse invitarci a ballare, con uno stile definito “ipnotico” da un maestro come Valerio Evangelisti.

Serena Todaro

Che dire di una mulatta di Caracas soprannominata Princesa? E del dj più famoso della città, El Tigrón? El ChupaChupa, El Divino... sono questi i soprannomi succulenti che riflettono le anime delle notti di salsa a Bologna. Smanie di potere, ripicche, desideri muovono i loro passi in caldissimi, sensuali balli e qualcuno, nell’ombra, macchina un nuovo delitto.

La Guerrera è piccola, beve rum come se fosse acqua, ha la pelle scura e gli occhi neri, indossa tacchi da cubista e non si tira indietro quando c’è da scazzottare. Delle volte le prende, delle volte le dà. Oltre a questo, sogna di diventare giornalista, ma faticando a trovare un’occupazione degna, accetta un lavoraccio in nero.

E la notte si rifà col ballo.

Quando un piromane dà fuoco al suo scooter, l’ispettore Basilica la cerca e il lettore capisce: c’è attrazione tra i due. Succederà qualcosa? Non ve lo dico, vi anticipo solo che in questo romanzo niente è scontato. Quello che vi sembra finirà in un certo modo, prenderà una piega diversa dalle vostre aspettative. Anche perché la Guerrera è una tipa tosta, dal cuore indurito, una che se adocchia una preda non se la fa certo scappare (divertente il capitolo in cui accalappia El Eletrico), ma non cerca niente più che avventure. E poi è in arrivo da Cuba una vecchia fiamma, il cantante del più celebre gruppo di salsa cubana, Roelvis, nero bello e stravizioso di coca.

Diverse storie si intrecciano in Fuego. C’è una ragazza col fisico da culturista che realizza spettacoli col suo pitone, c’è un pompiere che incanta Catalina, la dolcissima amica della protagonista. Ci sono maestri di ballo avidi e maestri di capoeira severi. A volte calano le ombre del passato, La Guerrera non ha dimenticato e alcune notti la tristezza le cala addosso come un velo grigio:

«I brutti ricordi di notte si fanno di granito e hanno il profumo delle rose selvatiche che mia madre coltivava in giardino.

I funerali dei miei genitori.

Io bambina, qualche giorno dopo, collocata su un carro funebre, e il viaggio intero, dalla Sicilia a Bologna. Lì sarei stata consegnata alla prozia Fausta Zenzero, alle sue maniere distaccate. Non ha mai alzato un dito contro di me, non ce n’è stato bisogno. Bastava uno sguardo o un’alterazione di voce per gelarmi.

Ma prima di essere affidata a lei, ho trascorso sul carro funebre una ventina di ore, con le dovute soste, nel sedile di fianco al guidatore. Appena mi voltavo la bara di titanio spalancava un baratro sconosciuto. Chi c’era dentro? L’ossimoro dell’esistenza mi schiaffeggiava ogni volta che mi voltavo: c’era mia mamma, lì imbustata, ma non era più lei. Cos’era, dunque?

Toccavo coi polpastrelli la cassettina gelida con dentro papà, aveva lasciato disposto nel testamento di voler essere cremato. Tra le sue ceneri, sapevo che riposava anche la sua mano quasi intatta, avevo sentito il custode dirlo a un parente, prima che sigillassero l’urna quadrata: «Una mano da pianista».

Le piante in salotto mi sembrano partecipi, quando arrivo in piena notte e accendo la luce, come se la mia angoscia le avesse appena svegliate, come se loro sapessero già e non gli importasse e spettegolassero tra loro messaggi del genere: che idioti questi omuncoli, pigiati dal rovello dei loro pensieri, sempre a chiedersi e a pretendere spiegazioni, soluzioni, verità. Incapaci di accettare la loro condizione, sanno solo vivere la morte in maniera problematica, sempre a lamentarsi del tempo che scappa o che non ritorna, e se tornasse avrebbero da ridire allo stesso modo».

Questo non è un giallo. Non c’è consolazione, momenti ironici ci fanno sorridere, momenti sarcastici ci fanno chiudere le labbra. Le discussioni esistenziali tra La Guerrera e Catalina non arrivano a verità assolute, ma fanno riflettere. La lettura procede spedita in questo noir metropolitano dove Bologna è ripresa nel suo pieno centro e nelle sue periferie. Il nero della vita si addensa oltre il rumore assordante dei bongò e nella pista si trova di tutto: chi balla per disperazione, chi balla per seduzione. Chi nutre vecchi rancori, chi concepisce nuove vendette. Chi gioca col fuoco e non sa che prima o poi si brucerà...

Marcella B. Calì