Sarajevo, ventre nero delle guerre balcaniche. Sarajevo, città di assassini. Sarajevo, cratere di furia. E a Sarajevo, in un palazzo devastato, c’è la stanza 41, dove gli uomini sembrano svanire nel nulla e dove la realtà diventa puro delirio. Chi è il Cieco, l’uomo eternamente vestito di nero che sembra vedere oltre l’invisibile? Chi è Elèna Hahn- Kraus,troppo infida e troppo amica della truppa? Dove conducono i misteriosi corridoi che si dipanano in un sottosuolo senza fine? Per Stefan Weiss, agente di una forza di protezione interna all’ONU, la stanza 41 è l’enigma cruciale. Più della guerra, più delle stragi, più della sua stessa vita. Un enigma destinato a portarlo fino al centro dell’ultimo labirinto. Luogo dal quale potrebbe non esserci ritorno. Dalle oscure visioni di un nuovo talento, un dark thriller che infrange ogni regola.”

Assedio. Così s’intitola il libro con cui Vincent Spasaro esordisce in Segretissimo, la nota collana da edicola della Mondadori che, ricordiamolo, ha da poco festeggiato i suoi primi cinquant’anni.

Abbiamo contattato l’autore per porgli qualche domanda. L'intervista la trovate in rubriche/11178

Vincenzo “Vincent” Spasaro è nato a Roma nel 1972, è laureato in lettere e vive a Piacenza, dove lavora come copywriter e insegnante di arti marziali. È stato tre volte consecutive finalista al premio Urania (Mondadori) e una al premio Solaria (Fanucci). Dirige la collana “Fantastico e altri orrori” delle Edizioni Il Foglio. È appassionato di kung fu, storia, storie e musica heavy.

Per contattare l’autore: http://vincentspasaro.blogspot.com.

Per avere invece un assaggio del romanzo, ne riportiamo l’incipit…

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Conto alla rovescia: perché la notte

Ci sono molte cose che non vi hanno detto riguardo a Sarajevo.

Ci sono molte cose che non vi hanno detto riguardo alla guerra in generale. Ma nemmeno io posso rivelarvi granché: solo quello che era chiaro a tutti noi, chi più chi meno. La mia è solo esperienza, pratica di guerra e anche di Sarajevo.

Ora immaginatevi una sera d’inverno sperduta da qualche parte in coda al calendario del millenovecentonovantatré, Sarajevo e le sue strade butterate di crateri di granata e il coprifuoco imminente. Immaginatevi vie deserte senza illuminazione artificiale, palazzi venuti giù in macerie fangose, la neve che ricopre la città come un sudario di morte già sporco di liquami. Immaginatevi la puzza delle carcasse come un fatto abituale anche in quella stagione, l’odore di vecchiume sventrato che pervade l’aria come se i secoli violentati si fossero vendicati facendo esplodere odori insieme a granate. Immaginatevi il freddo, la sporcizia, il terrore.

Si tratta di foto sbiadite, oggi, e non v’immaginereste nulla di eccitante. Eppure quella era Sarajevo. L’odore se lo ricordano solo i sarajevesi, vorrebbero metterselo alle spalle e non ci riescono. Il resto del mondo se l’è invece dimenticato in gran fretta.

Noi a queste cose invece dovremmo esserci abituati. Dovremmo essere abituati a tutto perché lo facciamo per mestiere. Il mestiere ci ha portato a condividere ricordi e sensazioni con qualsiasi popolazione distrutta e annientata, con la differenza che, per quanto si rischi, noi entriamo nella guerra esattamente come ne usciamo: puliti.

In fondo siamo turisti di guerra.

Tutto questo ci ha in effetti condotto a una certa assuefazione, se non fosse per quel che nessuno dice e che non ci fa dormire la notte. Ne entriamo puliti, insomma, ne usciamo puliti e anche con tutti gli onori, e, se non fosse per quel piccolo lato negativo, ci piacerebbe pure perché ci sentiamo buoni, persone che fanno il proprio dovere e facendolo salvano anche molte vite. Turisti di guerra e orgogliosi. Ma con un po’ di turbe psichiche.

Comunque Sarajevo in quel periodo era diversa da come avreste potuto immaginarla guardando un telegiornale di quegli anni. Sì, certo, la gente era ridotta alla fame e alla disperazione, e l’unica cosa che riusciva a ostentare era la dignità. Le Nazioni Unite stavano facendo una figuraccia di fronte al mondo intero, tanto che nacque allora l’adagio secondo cui l’ONU sarebbe morta a Sarajevo. Sì, la NATO lanciava ad alto volume il suo silenzio assordante e l’Europa, l’Europa gloriosa delle grandi nazioni, si faceva vedere per quel nano politico affetto da schizofrenia qual era, non lesinando con la mano sinistra grandi aiuti ai macellai. Certo, Sarajevo era l’inferno. Un inferno che molti avevano nel giardino di casa, abitassero a Londra, Parigi, Roma o Berlino, e che nessuno aveva il coraggio di guardare negli occhi.

Ma nel cuore di una città assediata, nei suoi anfratti più nascosti e nei suoi hotel per reporter stranieri, accanto ai cannoni puntati sul centro come nelle strade bucherellate dagli obici, va a radunarsi una fauna che i telegiornali non vi faranno mai vedere. Si tratta di politici, trafficanti d’armi, mediatori, zero zero sette, mafiosi, turisti, avventurieri e, vi assicuro, gente ben più strana. Molto, molto più strana di quanto possiate pensare. Con questa gente, con questi traffici aveva a che fare la United Nations Protection Force, meglio nota come UNPROFOR, corpo costituito ufficialmente in seno all’ONU per mantenere la pace nell’ex Jugoslavia.

La prima cosa che non vi è stata detta della vicenda di Sarajevo è che eravamo corrotti. Corrotti fino al midollo.

Vincent Spasaro – Assedio. Segretissimo 1576, Mondadori. In edicola, giugno 2011. Euro 4,50.