“Avevo ragione: sei un uomo finito!”

“Aspetta, ora viene il bello. Dunque, fra una chiacchiera e l’altra, quasi senza accorgersene, ci siamo ritrovati alla stazione di Pistoia. Ma qui, non c’è stato verso di ripartire. Anche il treno aveva deciso di guastarsi la stessa mattina del mio fottutissimo Mercedes. Era evidente che il Destino si divertiva sadicamente ad accanirsi su un povero rappresentante di commercio. Colpevole soltanto di voler vendere una partita di affettatrici professionali troppo costose ad un paio di ingenui alimentaristi pratesi. Ma la mia compagna di viaggio non si è turbata minimamente. Anzi, mi è sembrata addirittura contenta di quell’incidente imprevisto, tanto che non ha esitato ad invitarmi a casa sua a prendere un caffè. Mentre scendeva sfiorando il predellino del treno con passo lieve, mi ha detto che abitava a due passi dalla stazione e mi ha rassicurato che avrei potuto aspettare comodamente il treno successivo e arrivare a Prato quasi in orario.”

“Hai capito, il vecchio marpione? Hai approfittato del guasto per imbroccare la viaggiatrice depressa, eh? E invece di pensare alle affettatrici … ”

“Mi dispiace deluderti, Ruggero. Le cose sono andate in tutt’altro modo. Ma se continui a interrompermi, non saprai mai come è finita questa storia incredibile …”

“Incredibile in che senso?”

“Ascoltami in silenzio e giudica tu. Dunque, appena scesi, lei ha imboccato un vicolo poco distante dalla stazione e si è fermata davanti al portone di un palazzo piuttosto malconcio. L’ha aperto con una chiave di quelle che usavano prima e mi ha fatto strada su per le scale. Infine, dopo due rampe piuttosto ripide, mi ha fatto entrare in un appartamentino vecchio ma dignitoso. Ti dirò, sembrava che non ci abitasse nessuno perché c’era aria di chiuso e i mobili erano polverosi. Ma non ci ho fatto caso e mi sono seduto in salotto.”

“E’ lì che è successo il fattaccio?”

“Ma che dici? Abbiamo preso il caffè e ci siamo fumati una sigaretta. Proprio come due vecchi amici. Dopo una ventina di minuti, l’ho salutata, ringraziandola per l’ospitalità e me ne sono tornato alla stazione, dove ho preso il treno che finalmente mi ha portato a Prato.”

“Tutto qui?” fece Ruggero, chiaramente deluso.

“Eh no! E’ questo punto che sono rimasto fregato dal terzo inconveniente della giornata.”

“E sarebbe?”

“Dopo aver rifilato ben cinque affettatrici agli alimentaristi pratesi, ho scoperto di aver lasciato il cellulare a casa della mia compagna di viaggio.”

“ Accidenti … e come hai fatto?”

“Sono tornato di nuovo a Pistoia e sono corso nel vicoletto, con la speranza di trovarla in casa.”

“E l’hai trovata?”

“Macché! Ho suonato diverse volte ma non mi ha risposto nessuno. Il palazzo sembrava disabitato. Proprio mentre stavo per rassegnarmi a ricomprare il cellulare, da una finestra del primo piano, si è affacciata un’anziana signora che mi ha chiesto chi stavo cercando. Mi sono sentito riavere. Ma, quando le ho spiegato della visita della mattina, lei mi ha guardato stralunata, poi ha scosso la testa e mi ha fatto cenno di salire. Pochi istanti dopo ero seduto nel suo salottino ma, stavolta, lo stralunato ero io!”

“E perché mai? Che ti ha detto di tanto sconvolgente?”

“Niente di straordinario se non il fatto che, secondo lei, quella mattina io non potevo essere stato al piano di sopra perché quell’appartamento era chiuso da vent’anni. Ossia da quando la proprietaria, che era sua sorella, era morta tragicamente vicino a Lucca, gettandosi da un treno in corsa. Ti rendi conto, Ruggero? In quel momento mi è sembrato di essere improvvisamente impazzito o di aver sognato tutto mentre dormivo in treno …”

“ Sei sicuro che la vecchia non fosse pazza?”

“Non lo so. Ricordo soltanto che mi è venuta una gran voglia di fuggire. Ma quella sembrava che non avesse nessuna intenzione di lasciarmi andare e continuava a raccontarmi di quanto era bella e infelice quella sorella che si era ammazzata per una delusione d’amore. Credevo di essere diventato pazzo anch’io! Allora ho tagliato corto e ho fatto il gesto di andarmene.

Ma, mentre stavo per scendere le scale, dal piano di sopra è risuonata all’improvviso una musichetta che conoscevo bene: le note di “Profondo rosso”, che mio nipote si era divertito a inserirmi come suoneria del mio cellulare.”

“ Ehi, vuoi scherzare?”

“Non sono affatto nello spirito. Ti assicuro che in quel momento mi sono sentito gelare. Proprio come se una lama delle mie affettatrici mi avesse accarezzato la schiena.