Dobbiamo ammettere che, come scrittori, curatori e lettori, da un po’ di anni di storie di Serial Killer abbiamo veramente fatto il pieno. È quindi con entusiasmo che ci ritroviamo a scrivere dell’ultima fatica di Jean Christophe Grangè (autore tra l’altro dei Fiumi di Porpora e del magnifico L’impero dei Lupi che in questi giorni viene riproposto al cinema in un film con Jean Reno). La Linea Nera è, a tutti gli effetti, una storia di assassini seriali, di un perverso rapporto tra un cronista di “nera” Marc Dupeuyrat e Jacques Riverdi - apneista che ricorda molto il Maiol di Le Grand Bleu Luc Besson – serial killer catturato e condannato a morte in Malesia. Ma se gli elementi di base sono classici non lo è lo svolgimento della vicenda, il modo in cui l’autore “tratta” la materia è inedito, sorprendente, disturbante. Gli amanti del brivido non si preoccupino, anche questa storia ha il suo bel carico di crudeltà e suspense, soprattutto nell’ultima parte, ma è l’originalità la carta vincente della storia. Qual è il segreto di Riverdi? La sua tecnica, l’estasi macabra che raggiunge nel compiere i suoi mostruosi delitti. Marc che ha alle spalle traumi che l’hanno portato più volte in un coma capace di cancellargli la memoria, che ha lasciato la carriera di paparazzo la notte della morte a Parigi della principessa Diana, vuole sapere, aggiungiamo vuole “ossessivamente” sapere. Ma Riverdi chiuso in una prigione malese descritta come la Cayenna - quasi un libro nel libro - non concede interviste, non si rivela. Allora il reporter s’ingegna, s’inventa una nuova identità, ruba la foto di una modella in ascesa e si finge donna, dapprima inciampa, poi riesce a far breccia nella follia di Riverdi che lo costringe a un pellegrinaggio in Asia sui luoghi dove si è sviluppata la sua follia. È proprio nel totale ribaltamento della situazione assassino-detective, che fu la trovata migliore del Silenzio degli Innocenti, che Grangè gioca al meglio le sue carte. Corredando tutto di una descrizione d’ambiente insolita, con un occhio tipicamente europeo, abbina i classici della storia di serial killer (i traumi infantili, il rito di sangue, la personalità dell’assassino) con un gusto europeo sorretto da una scrittura che, al contrario di quanto succede – troppo spesso - nella narrativa d’oltralpe, rimane secco, evocativo eppure avvincente. Se un difetto vogliamo proprio trovare: l’appassionato di thriller non avrà una sorpresa assoluta nella soluzione del mistero, ma non è questo che veramente importa. L’originalità della narrazione, l’elemento dell’apnea come meditazione, lo sfondo dei delitti, le psicologie dei protagonisti persi in un universo esotico al quale non appartengono, sono gli elementi che fanno di La Linea Nera un romanzo assolutamente imperdibile. A maggior onore dell’autore bisogna ammettete che Grangè ha il coraggio di fare quello che molti scrittori non fanno. A ogni romanzo cambia completamente tema. Tra I Fiumi di Porpora, Il Circolo della Pietra, L’Impero dei lupi e quest'ultimo romanzo il suo percorso si riconosce stilisticamente, nell’atmosfera e il punto di vista europei, non-americani, originali, ma le trame, i personaggi, gli intrecci variano continuamente, spiazzando ma anche coinvolgendo il lettore ogni volta in un percorso differente. E, in un panorama editoriale dove la ripetitività sembra la regola per il successo l’opera di Grangè acquista valore al di là della storia che racconta.