Capacità cognitiva e tecniche forensi: “armi” di verità

Ci sono molti modi nei quali un individuo può differire dalla maggioranza degli altri… può essere eccezionalmente anarchico o criminale, può avere un raro talento artistico o eccezionali facoltà intellettuali”, parafrasando le parole di Bertrand Russel, padre della filosofia analitica e premio Nobel per la letteratura: sembra che quello di cui ci parlava nel ’49 sia un ritratto quanto più schietto e crudo dello specchio dei nostri tempi. Oggi l’individuo sembra cercare quell’eccezionalità attraverso atti deplorevoli, violenti, atti che portano il più delle volte lesioni a terzi. Se un tempo si parlava di menti eccelse e di creatori, geni nel campo artistico o scientifico, oggi sembra che le specificità dell’individuo siano rilegate il più delle volte al lato istintivo o meglio violento dello stesso. Come se ad operare fosse un retaggio culturale difficile da debellare dalla propria natura. Vi è una incapacità diffusa di autocontrollo, che scaturisce spesso negli atti di cronaca che accompagnano le prime pagine dei giornali. Deviazione? Malattia? Chi conosce la cura di questo millennio? Teologi? Filosofi? Oppure loro… gli esperti forensi, criminologi, coloro che fanno della violenza una materia su cui studiare, risalendo al colpevole e cercando di comprenderne le dinamiche in cui si muovono taluni individui. Conosciamo così Roberta Bruzzone, criminologa di professione, presidente dell’Accademia di Scienze Forensi, “investigatore” per vocazione, divenuta volto televisivo per forza di causa, chiamata come esperta a valutare casi di cronaca nera. Una donna dei nostri tempi che ha compreso che essere pragmatici è il primo passo per non soccombere agli eventi.

Come mai ha scelto la professione di criminologa?

“Una passione molto precoce ed inarrestabile per tutto ciò che riguardava la “ricerca della verità” mi ha inevitabilmente guidato verso questo tipo di professione sin da quando ero molto piccola. Non ho mai cambiato idea. Passavo i miei pomeriggi a cercare di verificare le “leggende metropolitane” che riguardavano alcuni luoghi considerati inviolabili ed utilizzati dagli adulti per tentare di tenere a bada bambini un po’ discoli come me.”

Degli studi recenti dichiarano che gli omicidi volontari sono diminuiti, come mai ogni giorno allora ai telegiornali si sente parlare di morte?

“E’ vero che negli ultimi 30 anni il nostro paese ha registrato un calo degli omicidi volontari ma tale decremento ha riguardato in primis gli omicidi che maturavano in seno alla criminalità organizzata. Il nostro paese vanta un record davvero poco invidiabile in ambito europeo che riguarda il numero degli omicidi volontari che maturano tra persone che si conoscono, con particolare riferimento allo scenario familiare. In Italia oggi si muore più in famiglia che per mafia.”

Quali sono i moventi più comuni che inducono un individuo a compiere un delitto?

“Nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di moventi piuttosto comuni, addirittura banali.

Odio, vendetta, sete di controllo/potere, guadagno economico, passioni non corrisposte e psicopatologia sono tra i moventi più diffusi in grado di armare i cosiddetti “grilletti interiori” di coloro che albergano in sé tali dimensioni motivazionali.”

E’ specializzata anche all’estero… Ci può spiegare brevemente di cosa si occupa la scienza forense?

“Le Scienze Forensi nel loro insieme rappresentano un ambito davvero vastissimo. Spaziano dalla medicina legale, all’antropologia forense, dall’entomologia alla botanica forense, dal Digital Forensics allo studio morfologico delle tracce di sangue sulla scena del crimine (Bloodstai Pattern Analysis), dalla Criminologia alla Psicologia Forense ed investigativa, e molto molto altro. Si tratta di discipline scientifiche che vengono utilizzate largamente anche nelle aule giudiziarie o in fase investigativa per dirimere alcuni aspetti di cruciale importanza nell’accertamento della verità.”

Quale ruolo ha la psicologia criminale nelle investigazione di oggi?

“Un ruolo sempre più importante. Ormai e’ piuttosto frequente il ricorrere a tale ambito di specializzazione nei reparti specializzati delle Forze di Polizia e non solo. Si tratta di un ambito che, se corredato dalla necessaria competenza ed esperienza, può fornire spunti utilissimi all’investigazione criminale. Gran parte della mia attività riguarda proprio tale applicazione sul campo del sapere criminologico e psicologico sia in ambito investigativo che forense.”

E’ consulente sia dell’Autorità’ Giudiziaria che delle parti civili in molti casi… cosa è chiamata a fare?

“Il mio impiego in tale ambito e’ piuttosto ampio e riguarda le mie varie sfere di competenza, dall’analisi della scena del crimine nei casi di omicidio all’accertamento del sospetto abuso sessuale su minore, dall’analisi dei casi di persone scomparse ai casi di stalking e violenza sessuale, dalle tecniche di interrogatorio e cross examination, alla rilevazione dei segni di menzogna. Coordino anche un Team di operatori specialisti nelle varie Scienze Forensi e Presiedo L’Accademia Internazionale delle Scienze Forensi” (www.accademiascienzeforensi.it).

Cosa pensa dell’omicidio di Yara Gambirasio?

“Diventa difficile fare valutazioni senza aver esaminato gli atti. Pertanto preferisco non spingermi oltre una valutazione generale. Ritengo più plausibile l’ipotesi di un predatore locale e conosciuto dalla vittima.

Con ogni probabilità un insospettabile, senza precedenti penali specifici (ossia per reati sessuali). La matrice sessuale, a prescindere dall’essere stata consumata o meno la violenza, mi sembra l’ipotesi motivazionale ad oggi più plausibile in base al profilo vittimologico della piccola vittima. Un ultima riflessione… e’ passato oltre un mese dal ritrovamento del corpo di Yara e ormai più di 4 mesi dall’omicidio… sappiamo tutti quanto e’ importante il “fattore tempo” in campo investigativo e ho paura che qui ne sia trascorso già troppo.”

La parte più difficile del suo lavoro?

“Staccare la spina. Io non ci riesco e finisco con il portarmi sempre il lavoro a casa. E’ un lavoro che ti da moltissimo ma ti chiede tutto in cambio. E io riesco a fare il mio lavoro solo così, al 100% sempre.”

Le cronache ci raccontano di omicidi-suicidi, perché si arriva a un atto così estremo?

“Si tratta di scenari in cui indubbiamente entra in campo anche una spinta psicopatologica piuttosto deflagrante ma allo stesso tempo subdola, che non necessariamente appare evidente a chi ha a che fare con il futuro assassino nel periodo precedente al tragico gesto. Molti di questi casi maturano all’interno di relazioni sentimentali ormai concluse. Si tratta per lo più di soggetti che non si rassegnano all’aver perso per sempre il controllo sulla loro ex partner e che la perseguitano sistematicamente per molto tempo prima di arrivare a decidere di uccidere e poi togliersi la vita. Occorre prestare molta più attenzione ai casi di stalking più seri perché nel nostro presente e recente passato sono stati dei chiari segnali premonitori di tragedie troppo spesso abbondantemente ed esplicitamente preannunciate dall’aggressore. Oltre 120 donne muoiono ogni anno nel nostro Paese per mano del partner o ex partner e molti di questi casi si concludono con il suicidio dell’assassino.”

Che fine hanno fatto secondo lei le gemelline Schepp?

“Sulla sorte delle gemelline non sono affatto ottimista purtroppo. Sono però convinta che attraverso un’analisi seria ed approfondita della vicenda si possa arrivare ad identificare il luogo in cui riposano, come ha chiaramente scritto il padre.”

Essere donne è più difficile in questo mestiere?

“Francamente non saprei. Dedico davvero poca attenzione a ciò che non riguarda strettamente i casi su cui lavoro. Non ho mai nutrito “timori reverenziali” verso nessuno, uomo o donna che sia poco importa. Faccio del mio meglio e cerco di ampliare le mie competenze ogni giorno. Sono consapevole di svolgere un lavoro molto complesso e delicato che mi da modo di aiutare molte persone. E sono consapevole che la verità viene ricercata solo da chi ha “le spalle abbastanza larghe per poterselo permettere”, e io sono tra queste persone. Del resto ho sempre ritenuto che noi donne abbiamo una marcia in più in molti campi (a volte anche 2 marce in più), e l’ambito in cui lavoro non fa eccezione.”