Qualche connotazione spazio temporale per questa vicenda, una storia di omicidi, “seriali” ma non troppo, commessi nel 1997 tra le province di Foggia e Taranto, in comuni da profonda Puglia, profondissimo Sud. La moneta corrente è ancora la vecchia lira italiana… le scene del delitto sono sempre minuscoli appartamenti al pianterreno, “bassi” a Napoli, “sottani” qui in Puglia. Monolocali, bivani con servizi spartani, un cucinino separato dalla camera da letto da una tendina o un falso muro in cartongesso. Le vittime? Quattro vedove ultrasettantenni: sole in casa, pensione minima, scarsissime capacità di immaginarsi vittime di un ladro, un balordo, un assassino. Nonne paciose, da televisione in bianco e nero e serate passate a far chiacchiera sedute sull’uscio di casa, con qualche figlia, qualche nipote, qualche comara.

L’assassino le ha sorprese tutt’e quattro in casa. Le ha colpite con un coltello, quasi sempre alla gola, con una serie di colpi decisi, violenti. Le ha rese inoffensive, incapaci di gridare, chiedere aiuto. E mentre morivano, ha messo le loro case a soqquadro, cercando soldi, gioielli… qualcosa da rubare. Si è lavato le mani… è andato via.

Per nove mesi le indagini si sono, come dire, mosse a tentoni. Si cercava un maniaco, un mostro che ammazzava nonnette e poi inscenava furti per depistare. Gli indizi che lasciassero pensare ad un omicida seriale animato da una qualche pulsione folle c’erano tutti: stessa tipologia di vittime, stessa arma e stesso modus operandi. Addirittura la stessa firma: tutto quel disordine che sembrava falso, artatamente messo lì a far pensare ad altro.

Il maniaco, invece, almeno in senso stretto, non c’era. C’è voluta una bambina di 13 anni, banalissima testimone oculare, per “risolvere il caso”. Una bambina che, proprio come lui, non ha avuto bisogno di bussare per entrare nella casa dove l’assassino era ancora “a lavoro”. Scostata la tenda, che separava la strada da quella casa, la ragazzina si è trovata di fronte un uomo di 33 anni, “marocchino” lo avrebbe definito, sorpreso mentre si tirava su dei pantaloni puliti per nascondere alla vista di eventuali passanti le tracce di sangue che lo imbrattavano. Un assassino in mutande. Non un mostro terribile, un’ombra nera. Un ragazzo magrebino in mutande.

Il colore della pelle, per fortuna, è solo un dato di rilevanza statistica in questo caso – questo è il primo  e finora unico omicida seriale extracomunitario arrestato in Italia. Per qualche studioso attento ed incallito può anche essere una spiegazione all’uso del coltello – tradizionale arma d’offesa e difesa non solo per le popolazioni magrebine ma per tutte le società tradizionalmente pastorali o agricole.

La verità è che per un attento osservatore, un discreto conoscitore della Puglia come di quasi tutto il Sud Italia… questo caso avrebbe dovuto rappresentare tutto fuorchè l’inizio di un “serial-Thriller” all’italiana. Chiunque viva qui giù sa “come funziona”: anziane comare che vivono da decenni lungo la stessa strada, le porte delle loro piccole abitazioni una accanto all’altra, allineate sul marciapiede, dipinte con vernice marrone di punti solo lievemente diversi. Anziane comare che stendono la biancheria su fili di ferro agganciati da “sottano” a “sottano” dividendo questo curioso stendi-biancheria con la vicina. Anziane comare che la porta la lasciano aperta per abitudine, perché stare a chiudere ed aprire ogni volta che un pensiero, una chiacchiera deve correre, a riempire quella solitudine, da “sottano” a “sottano”… non è comodissimo a quell’età. Anziane comare che non concepiscono un pericolo come quello del maniaco, del ladro violento, spietato. Anziane comare che, ancora adesso… forse perché televisione e giornali ne hanno parlato poco, la porta la tengono ancora aperta.

Mohammed Ezzedine Sebai, questo il nome dell’assassino. Attualmente, a quarantun’anni, è in carcere con quattro ergastoli da scontare, ma continua a proclamarsi innocente. “Vi sbagliate!” ha urlato durante il processo addirittura di fronte alla conferma fornita dalle impronte digitali. Mohammed Ezzedine Sebai… l’assassino delle nonnette. Più precisamente un ladro incallito che pur di rubare poche decine di migliaia di lire, come un’ombra, aveva sorpreso quattro nonnette sole in casa, con la porta aperta… e le aveva fatte fuori. Più che un maniaco, un folle, uno dei tanti Dahmer, Bilancia, Gacy… una jena scaltra che per sbarcar meglio il lunario, in nove mesi, di nonnette ne ha mandate al camposanto quattro.