In una delle meno note versioni del Milione di Marco Polo, il viaggiatore veneziano si cruccia di non aver potuto raccontare che una minima parte delle meraviglie che ha visto: «Se soltanto avessi saputo che sarei tornato indietro, chissà quante altre cose adesso io ricorderei.» Quando si parte per un viaggio in territori sconosciuti, non si è del tutto sicuri di poter tornare indietro: se lo si fa, quello che si potrà raccontare sarà solo ciò che il gusto personale ci ha permesso di ricordare.

Un viaggio simile affronta il lettore quando inizia l’antologia L’oscura malinconia dei sensi, curata da Sacha Rosel per la Demian Edizioni (2011). La prefazione di Claudia Salvatori lo predispone nel giusto stato d’animo, ma niente in realtà lo può preparare alla lettura. La sessualità è un viaggio in un territorio inesplorato dove l’esperienza di chi ci ha preceduto non ha alcun valore: quando (e se!) si ritorna indietro, ciò che si racconta può differire in modo radicale a seconda della personalità dell’“esploratore”.

Undici esploratori raccontano la loro parte di verità, la loro versione della sessualità che è ogni volta unica ed esclusiva: la si può condividere o rifiutare, ma non la si può contestare.

Caterina Venturini ci parla di corpi, nudi in un letto o immersi nel gelido mare in burrasca, e di come nessuno in realtà li possieda realmente; Elena Vesnaver ci racconta una terribile fiaba metropolitana, dove la morale sta proprio nell’immoralità; Marino Buzzi fa il pendolare tra lavoro e squallore, cercando di filtrare la realtà impossibile da sopportare attraverso la realtà impossibile da attuare offerta da quella dispensatrice di frutti ingannevoli che è la Rete, uno dei tanti nomi che ha assunto la Solitudine; Carmen Iarrera ci guida allegramente per una strada già percorsa, per vie che già conosciamo e soprattutto verso un finale che - per quanto ci disgusti - possiamo comprendere: quando ci rendiamo conto che siamo caduti nella trappola dell’autrice, quando comprendiamo che in realtà stavamo cadendo nel baratro, è troppo tardi ed è impossibile liberarsi della pelle d’oca; Angelo Marenzana esercita la sottile arte della letteratura, facendo incontrare un Lettore con la Scrittura e facendoli stuzzicare a vicenda, ognuno con la propria carica di sensualità creativa; Giulio Recchioni compie il doloroso passo di varcare lo specchio - quello stesso specchio che incuteva terrore a Borges perché temeva di vederci “l’altro, se stesso” - e dimostra che il maestro argentino non aveva affatto torto; Mauro Smocovich ci trascina con scientifica e minuziosa follia attraverso la più nefanda e disturbante delle filìe: quella passione che ignora la trasformazione necrotica da corpo amato a corpo estraneo; Eziana Babbore ci guida nel buio di una cecità scaturita dall’insano desiderio di trasformare il vano in eterno; Artemide Baraldi ci rende compartecipi di una erotica metamorfosi leonina nei freddi scenari nordici e Sacha Rosel chiude il libro trasportandoci in climi più caldi, in quel di Hong Kong, dove si svolge un viaggio catartico fatto di sapori d’Oriente e profumi di corpi in perenne ricerca.

L’oscura malinconia dei sensi è un diario di viaggio tenuto da undici esploratori che hanno preso nota di ciò che hanno incontrato ma soprattutto di cosa li ha particolarmente colpiti della sensualità e della sessualità. Non è un resoconto oggettivo, come si diceva, bensì un affresco dipinto a più mani e con i colori più disparati. Storie divertenti e inquietanti, commoventi e disturbanti, sorprendenti e stuzzicanti: non rimane che augurare buon viaggio ai nuovi lettori.