Questa che stiamo per raccontare è una storia di impuro e non-autentico mistero (perché gli elementi “misteriosi” sono copiati da altri!). Se questo fosse un film potrebbe essere “Bestseller” di Lee Jeong-ho e se fosse un romanzo sarebbe “Finestra segreta, giardino segreto” di Stephen King. Ma questa è la storia di scrittori di successo senza più idee, che si rifugiano in una villa isolata dove interagiscono con un personaggio inesistente: dove cioè esercitano la sottile arte del plagio.

La stessa arte che stiamo esercitando noi, impostando questo articolo come se fosse una storia di Cornelio Bizzarro, scrittore di successo senza più idee che a sua volta si rifà allo stile televisivo di Carlo Lucarelli.

Beak Hee-soo è una affermata ed apprezzata scrittrice di Seoul che, dopo vent’anni di onorata carriera («È la scrittrice più prolifica della Corea», dicono di lei), subisce la più umiliante accusa che un autore possa ricevere: quella di plagio. Malgrado Hee-soo neghi fermamente, il suo ultimo romanzo è quasi identico ad un manoscritto di Sim Jung-yoon presentato qualche tempo prima ad un concorso letterario: il fatto che la donna abbia fatto parte della giuria la squalifica di fronte a qualsiasi tentativo di difesa.

Lo scandalo travolge la scrittrice, sia a livello personale - il marito chiede la separazione - che professionale - le diventa impossibile tornare a scrivere. Dopo due anni di silenzio, l’editore le consiglia di abbandonare la rumorosa città e rifugiarsi in una villa in riva al lago dove potrà trovare maggiore concentrazione.

La villa, ai margini di un paesino di campagna, venne usata come orfanotrofio da un missionario americano, John Bates, durante la guerra, ed ora è meta frequente di scrittori in cerca di tranquillità: appena arrivata con la figlioletta, però, la scrittrice si rende però conto che la villa è abitata da una qualche sorta di presenza...

Ma lasciamo un momento Beak Hee-soo lì dov’è, nel bel mezzo di un topos letterario. È noto che gli scrittori in crisi creativa si ritirano in una villa fuori città, dove succede sempre qualcosa di paranormale: in questo caso si chiama addirittura Villa Bates. (È necessario richiamare il Norman Bates di “Psycho”, che viveva in una villa isolata?)

Trasferiamoci a Londra per incontrare Sarah Morton, una scrittrice di successo senza più idee. La donna (interpretata da una Charlotte Rampling in stato di grazia) confida al suo editore (uno strepitoso Charles Dance) di sentirsi insoddisfatta a livello professionale. Il suo ultimo libro, “Dorwell indossa il kilt”, è un successo come tutti quelli incentrati sulle avventure investigative del suo personaggio seriale Dorwell, ma a questo punto della sua carriera la Morton si sente svuotata: non ha idee per un nuovo romanzo e la cosa peggiore è che non sa nemmeno se vuole scriverlo. Il suo editore - obbligato dal ruolo del suo personaggio - le consiglia di lasciare la confusionaria città e ritirarsi in una villa isolata: le consiglia la casa con piscina che lui possiede a Vaucluse, nel Luberon (Francia meridionale).

Qui si svolgerà interamente la vicenda del film “Swimming Pool” (2003) scritto e diretto da François Ozon.

La quiete della scrittrice durerà poco, perché le piomberà in casa Julie, figlia irrequieta (e disinibita) dell’editore, che passerà fra villa e piscina il resto dell’estate.

Ma lasciamo per il momento la nostra scrittrice a Vaucluse, a due passi da Lacoste e dal castello del marchese De Sade, e traferiamoci nella campagna britannica.

Charles Hillyer (Denholm Elliott) e sua moglie Alice (Joanna Dunham) si trasferiscono in una villa isolata per il motivo che il lettore avrà già

immaginato: Charles è uno scrittore di successo senza più idee e gli è stato consigliato di abbandonare la città rumorosa per cercare ispirazione in campagna. La sua specialità, racconta la moglie, «sono i delitti, i più scellerati e agghiaccianti possibili.» Stiamo parlando del primo episodio, tratto dal racconto “Method for Murder” (1962) di Robert Bloch, del film “La casa che grondava sangue” (The House That Dripped Blood, 1971) diretto da Peter Duffell.

L’ispirazione non tarda ad arrivare. Lo scrittore crede di avere delle allucinazioni notturne durante le quali intravede un uomo, un criminale che diventa subito protagonista del suo nuovo libro. «Dominick, il cattivo del mio romanzo. Uno straniero che è riuscito ad evadere da un manicomio criminale e batte le campagne di notte in cerca di nuove vittime, ridendo sadicamente mentre le uccide.» Le visioni sembrano aumentare con il tempo, e Charles entra in sintonia con questo ospite immaginario della villa. «L’ho proprio materializzato, io conosco i suoi pensieri, anche le sue sensazioni e ciò che lo rende così... reale, e quasi allucinante.» Talmente reale che lo scrittore comincia a vedere il suo strangolatore in carne e ossa, aggirarsi nell’oscurità della villa di notte.

Cos’hanno in comune queste storie? La risposa sembra semplice (uno scrittore che si isola per cercare ispirazione), in realtà è più semplice ancora: è la sottile arte del plagio!

Non che le storie fin qui introdotte possano considerarsi un plagio, ma anzi poggiano la loro forza sul fatto di giocare con il plagio: seguono volutamente binari già percorsi da altri per giocare con il lettore e prenderlo in giro, cambiando il finale.

La coreana Beak Hee-soo vive a Villa Bates un gustoso mix di storie di fantasmi. C’è dell’acqua che fa da psicopompo (cioè

Lee Jeong-ho
Lee Jeong-ho
trasportatore di anime) come in “Ring” e “Open Water” di Kōji Suzuki; c’è la travagliata anima di una donna uccisa e sepolta nella casa, come nel geniale classico “Io sono Helen Driscoll” (A Stir of Echoes, 1958) di Richard Matheson; c’è la bambina che parla con lo spirito come nella sana tradizione lanciata da “Il senso senso” e ripresa da altri, come “Echi perduti” (ottima versione cinematografica del citato romanzo di Matheson), “Open Water” e “Riflessi di paura” (blanda versione staunitense del geniale film coreano “Into the Mirror”). Insomma, la prima parte del film “Bestseller” (Be-seu-teu-sel-leo, 2010), esordio sia alla regia che alla sceneggiatura di Lee Jeong-ho, sembra un manuale pratico su come scopiazzare da autori di culto!

Ma nel momento esatto in cui lo spettatore comincia a patire il senso di déjà vu - o, se vogliamo usare un termine del serbo Zoran Živkovic, di déja lu: un qualcosa che si è “già letto” altrove - ecco che arriva la svolta: proprio perché le esperienze che sta vivendo sono materiale perfetto per un romanzo, Beak Hee-soo decide di rubare la storia che il fantasma della villa racconta, creando il suo grande ritorno sulla scena editoriale. Il romanzo “Abyss”, nato plagiando un fantasma, diventa subito un bestseller....

Non è da meno Sarah Morton in “Swimming Pool”, che incarna la più classiche delle figure del romanzo giallo: la “signora omicidi”. Novella Agatha Christie, la Morton ha raggiunto il successo con romanzi il cui personaggio principale - lo sappiamo da come ne parla - ricalca i più classici Poirot o Simenon, giusto per citarne i più famosi. Fortemente insoddisfatta della sua carriera, la sua esperienza con la giovane Julie le fa da ispirazione: invece di iniziare il suo nuovo libro “Dorwell in vacanza”, decide di iniziarne uno del tutto diverso: “Julie”. Di cosa parlerà? Semplice: sarà un

Swimming Pool, il libro plagiato da Sarah Morton
Swimming Pool, il libro plagiato da Sarah Morton
plagio della vita della sua giovane coinquilina. Come se non bastasse, la ragazza rivela che prima di morire la madre le ha affidato un romanzo d’amore che non era riuscita a pubblicare perché il marito - l’editore della Morton - l’aveva considerato inadatto alle stampe. La scrittrice in crisi non è così schizzinosa: non paga di aver copiato la vita di Julie, decide di completare l’opera e (ri)copiare - parola per parola - il romanzo inedito della di lei madre morta. Il titolo? Ovvio: “Swimming Pool”.

Può forse il buon Charles, immerso nello splendido verde della campagna inglese, essere da meno? Malgrado sia turbato dalle apparizioni del suo Dominick, che si fa sempre più reale, non resiste alla tentazione di usarlo per scrivere un nuovo romanzo che lo veda protagonista... anche a costo di rischiare la vita.

 

Il plagio però non può passare impunito. Eppure Beak Hee-soo è tranquilla: il suo libro è copiato dai racconti di un fantasma... chi mai potrà accorgersene?

Per questo rimane di stucco quando giornali e televisioni del suo paese per la seconda volta la accusano pubblicamente di plagio: esce fuori che il suo libro è copiato - parola per parola! - da “Tragedy’s End”, uno sconosciuto romanzo edito nel 1992 da un ancor più sconosciuto Lee Gab-jae.

«Non mi piace essere accusato di plagio», dice Morton Rainey, scrittore di successo senza più idee che, per trovare pace e ispirazione per il suo

Johnny Depp (Rainey) e John Turturro (Shooter) nel film "Secret Window"
Johnny Depp (Rainey) e John Turturro (Shooter) nel film "Secret Window"
nuovo romanzo, si trasferisce - chi l’avrebbe detto? - in una villa solitaria. Stiamo parlando di “Finestra segreta, giardino segreto”, in “Quattro dopo mezzanotte” (Four Past Midnight, 1990) di Stephen King. Rainey non copia il suo libro da un fantasma, ma un fantasma lo incontra davvero: è John Shooter e l’accusa di plagio.

Non tutti i fantasmi possono farlo. Non può farlo certo Julie nei confronti di Sarah Morton che gli ha plagiato la vita, per il semplice fatto che Julie non esiste: è solo un parto della mente della Morton, se vogliamo la sua ispirazione fatta persona.

Non può farlo la donna-fantasma di Villa Bates nei confronti di  Beak Hee-soo che gli ha plagiato la vita - anzi, la morte! - ma in questo caso però ha lo stesso la sua soddisfazione. Nel 1992 Villa Bates era stata visitata da Lee Gab-jae, uno scrittore senza più idee in cerca di pace e tranquillità, a cui il fantasma ha raccontato la stessa identica storia raccontata poi alla scrittrice di Seoul: il risultato è che entrambi gli scrittori non hanno resistito a una buona storia - tratta infatti da un cult come “Io sono Helen Driscoll” - e l’hanno plagiata in un romanzo.

E il buon Charles nella sua villa di campagna? In fondo non ha copiato nulla: si è solo lasciato ispirare dal personaggio che vede materializzato nelle sue allucinazioni. È la stessa cosa che fa Sarah Morton al bordo della piscina della sua villa, dove vede materializzato il personaggio di Julie, protagonista del suo nuovo romanzo. Julie fa immaginare alla scrittrice di vivere uno dei tanti omicidi di cui ha scritto: dopo aver ucciso uno dei suoi innumerevoli amanti, la ragazza chiede aiuto alla giallista per commettere il delitto perfetto. Dominick, il personaggio che Charles vede in carne e ossa, segue lo stesso iter: lo scrittore infatti lo vede tentare di uccidere l’amata moglie Alice, per poi ritrovarsi accusato egli stesso del tentato omicidio. Il suo psichiatra lo avverte che sta troppo idealizzando il personaggio di Dominick da arrivare a capirlo e ad agire come lui.

Michael Caine davanti alla psichiatra uccisa nel film "La mano"
Michael Caine davanti alla psichiatra uccisa nel film "La mano"
Sono le stesse cose che dice la psichiatra a Lansdale, protagonista del film “La mano” (The Hand, 1981) di Oliver Stone. Jonathan Lansdale (Michael Caine) è un fumettista e sceneggiatore di successo senza più idee che - tanto per cambiare - va a vivere in una casa di campagna isolata per lavorare meglio. Dopo aver perso la mano in un incidente, comincia ad avere allucinazioni credendo che la propria mano monca vada in giro ad uccidere la gente, quando invece è lui stesso - forse! - a farlo. Di sicuro non è contento delle parole della psichiatra, la quale muore sotto i colpi della mano monca... La scena in realtà è un plagio proprio dalla vicenda del buon Charles, che vede il proprio psichiatra venir ucciso dalla personificazione di Dominick, che però - a differenza degli altri due “ispiratori” qui presentati - non è affatto un fantasma. È l’amante segreto della moglie Alice con la quale sta complottando per far fuori il marito scrittore e incassarne il patrimonio. Proprio questo intreccio narrativo ha fatto sì che Steve Chibnall e Julian Petley, nel loro saggio “British Horror Cinema” (2002), considerassero questo racconto solo uno dei tanti plagi da “Celle qui n’était plus” (1952) di Pierre Boileau e Thomas Narcejac, più noto con il titolo del celebre film che ne è stato tratto: “Les Diaboliques” (1955).

 

Bestseller (2010)
Bestseller (2010)
Il plagio fa parte della letteratura, perché in fondo cos’è la letteratura se non un plagio della realtà?

Beak Hee-soo incontra un fantasma e lo fa diventare personaggio letterario. Charles Hillyer incontra un personaggio letterario che poi invece si scopre essere reale. Sarah Morton è convinta di aver incontrato una persona reale che invece poi si rivela essere personaggio letterario. Il collante di queste storie è sempre il plagio: il desiderio dei rispettivi autori di cedere alla realtà - che nessuna fiction potrà mai eguagliare - e copiarne gli squisiti aspetti letterari. Bisogna solo sperare che John Shooter - fantasma che incarna la coscienza letteraria sporca - non venga mai a bussare alla porta...