Daniele ed Ettore, benvenuti su ThrillerMagazine. E’ un piacere intervistarvi. L’occasione mi viene data dalla pubblicazione del vostro “L’Ombra del Destino”, un romanzo che ha avuto l’onore di aprire una nuova collana: il Giallo Rusconi. Una bella soddisfazione! J

Daniele Cambiaso: Grazie a te per l’ospitalità, Fabio. Sì, indubbiamente è una bella emozione sapere che il nostro romanzo inaugura l’avventura di una nuova collana. Rusconi, poi, rappresenta un marchio che ha alle spalle una storia importante, ha ospitato nel suo catalogo autori di valore assoluto, quindi per noi rappresenta un’opportunità straordinaria.

Ettore Maggi: Una bella soddisfazione, sicuramente. L’idea di proporlo alla Rusconi è stata di Daniele, che aveva saputo del ritorno della proprietà italiana della Rusconi, e quindi di questa nuova collana di narrativa di tensione (preferisco chiamarla così), diretta da Divier Nelli. Divier lo conoscevo perché entrambi avevamo partecipato a un’antologia di racconti ambientati al tempo del fascismo, uscita con Sonzogno qualche anno fa. Si trattava della mia prima pubblicazione con un grande editore. Divier mi era piaciuto come autore, e ne ho sentito parlare bene come editor e giornalista, quindi ho accettato di buon grado. A Divier il romanzo è piaciuto e così…

Due vettori narrativi, due protagonisti principali. Due storie che s’intrecciano ad altre, in un brutto intrigo italiano, che coinvolge l’Arma, i servizi, le reti criminali, ma soprattutto che supera i confini nazionali, intrecciandosi con la guerra nell’ex-Yugoslavia. Ad uno di voi due il compito di sintetizzare trama e contenuti, all’altro quello di parlare dei due protagonisti principali…

DC: Molto sinteticamente, per non svelare troppo, posso dirti che il romanzo parte da un antefatto collocato alla fine degli anni Settanta, nel pieno degli anni di piombo. Vittime della situazione sono due giovani universitari, Stefano e Giulio, che vedono le loro esistenze totalmente sconvolte per quello che appare come un peccato di ingenuità, ma che scopriremo essere ben altro. Li ritroviamo alla metà degli anni ’90: Stefano è un poliziotto, mentre Giulio è un ufficiale dei carabinieri paracadutisti del “Tuscania”, per una scelta indotta proprio da quel lontano fatto del 1979. Parallelamente, senza che le due vicende si sfiorino, li troviamo alle prese con due casi che li portano a scoprire i legami inconfessabili tra la malavita, certi ambienti politici nostrani e le fazioni più estremiste che insanguinano la scena delle guerre balcaniche. E a scoprire quanto l’ombra del destino, citata nel titolo, sia un’ombra che li lega ancora e che li porterà a sciogliere nodi antichi e più vicini a loro, con conseguenze imprevedibili.

EM: Stefano è il personaggio a cui mi sono dedicato maggiormente (mentre Daniele ha seguito principalmente Giulio) e gli sono molto affezionato. È un personaggio complesso, dalla varie sfaccettature. È molto più oscuro e tormentato di Giulio, meno lineare, e forse anche per questo viene utilizzato in un certo modo dal “burattinaio” del romanzo. Fa cose di cui poi si vergogna, a volte, ma ha una sua morale, una sua etica, e cerca di seguirle, quando ci riesce. Diciamo che a volte si sente frustrato di fronte a cose più grandi di lui e di fronte agli aspetti più oscuri del Potere.

Giulio ha una personalità meno oscura e meno sfaccettata, ha più certezze, più sicurezze nella sua visione del mondo, anche se poi alla fine queste certezze si sgretoleranno completamente. È uno che crede in alcuni valori simbolici ben precisi, e tra la sua forze da questi valori. Il problema è che a volte questi valori sono illusori.

Anche se il romanzo viene vissuto attraverso le esperienze personali di Giulio e Stefano, i personaggi di rilievo sono vari: il colonnello Fabris, Magherini, Guidi, Cinzia…

EM: La descrizione di Magherini la lascerei a Daniele, che gli è particolarmente affezionato. Insieme a Magherini, l’altro personaggio chiave è Guidi, capo di una sezione (o forse qualcosa di più) dei servizi segreti. Una sorta di Grande Vecchio, un burattinaio che gestisce poteri e manovra le persone (poliziotti, politici, terroristi, militari e criminali) per suoi oscuri obbiettivi. Se vi ricorda qualcuno, ogni somiglianza con persone realmente esistite è puramente casuale… Il colonnello Fabris, prototipo del militare reazionario e all’antica, forse vorrebbe essere qualcosa del genere, ma non ne è all’altezza, chissà…

DC: Secondo me, Fabris è ancora qualcosa di diverso. È un vero prodotto della Guerra Fredda, è un’eminenza grigia che segue una sua etica distorta, mentre Guidi e soprattutto Magherini rappresentano una declinazione più pragmatica e cinica della stessa tendenza all’intrigo e alla trama occulta. E così giungiamo al mio “amato” Magherini… Beh, per affezionarsi a lui ci vuole un bel coraggio e tanto pelo sullo stomaco, anche se per me si tratta di uno dei personaggi più complessi e articolati del nostro romanzo. Quindi, forse, più sinistramente affascinanti. Magherini è l’anima nera, anche in senso politico. Si tratta di un personaggio che ha alle spalle un lunga militanza nell’eversione nera, ma anche contatti inquietanti con settori deviati dello Stato. È un reduce della strategia della tensione, probabilmente in passato ha creduto in alcuni ideali, ma col tempo e con l’esperienza ha maturato una dose di cinismo che lo porta ad agire al di là di ogni morale. Conserva diversi scheletri negli armadi e anche un’inesausta voglia di rivincita che lo porta a giocare su più tavoli con lucida spietatezza. Un vero cattivone, via…

Il prologo del romanzo si svolge nel 1979, il resto della vicenda si snoda nel 1995. Un romanzo ambientato nel recente passato, quindi. Io credo che ci sia molto da raccontare, su questo spaccato di storia. E che l’interesse da parte dei lettori ci sia. Evidentemente, lo credete anche voi e il vostro editor…

EM: sia io che Daniele siamo molto interessati sia alla Storia in generale, sia alla Storia recente, la nostra storia italiana, in particolare. La nostra storia patria, per molte ragioni, è molto più oscura di quella di altri paesi europei, e gli intrecci tra politica, criminalità, eversione, sono molto più forti. Moltissimi autori di narrativa (soprattutto recentemente) e di cinema (più nel passato) se ne sono accorti. Io apprezzo molto il lavoro che ha fatto De Cataldo con “Romanzo Criminale”, tanto per fare un esempio, anche se per quanto mi riguarda, da un punto di vista narrativo guardo più a un certo tipo di cinema, rappresentato da “I tre giorni del Condor” di Pollack e “Io ho paura”, di Damiano Damiani, che rappresenta il regista italiano che ha di più influenzato il lavoro di questo romanzo.

DC: Credo anch’io che il nostro recente passato conservi ancora moltissimi punti oscuri da chiarire, vicende insabbiate o sottaciute. Quindi, rappresenta una miniera narrativa incredibile, fermo restando il rispetto che ci deve sempre essere da parte degli autori per chi, di quelle vicende, è stato vittima. Al tempo stesso, la narrativa ha la possibilità di stimolare il lettore a recuperare la memoria di quei fatti, a interrogarsi sulle possibili ipotesi interpretative, a porsi altre domande. Oltre ai romanzi e alle pellicole citate da Ettore, per quanto mi riguarda mi sembra importante ricordare Giuseppe Genna, di cui ho molto apprezzato “Nel nome di Ishmael”, e un paio di titoli di Loriano Macchiavelli (alludo a “Strage” e a “Funerale dopo Ustica”) che hanno avuto il merito di tracciare in qualche modo un percorso, con qualche rischio anche per l’autore, basti pensare al sequestro del romanzo sulla strage di Bologna all’indomani della sua uscita. Ora è stato ripubblicato, ma io conservo gelosamente una copia di quella lontana prima edizione, ormai introvabile. Correva l’anno 1990. Devo dire che ho apprezzato molto anche il recente “Il tempo infranto” di Patrick Fogli e “La ragazza dei passi perduti” di Rossi & Caprarica. Un romanzo, quest’ultimo, da riscoprire assolutamente!

Ho letto in un’intervista in rete che “L’Ombra del destino è un romanzo nato “per fusione” di due idee distinte, che avete trovato conciliabili. E’ più o meno corretto?

DC: Direi di sì. Esistevano già un nucleo narrativo e soprattutto dei personaggi sui quali stava lavorando Ettore anche in relazione ad un altro progetto che stava sviluppando con Roberto Saporito ed esisteva da parte mia l’idea di una storia che focalizzasse alcuni scenari storico – politici del nostro confine orientale. Ci siamo resi conto che le due idee avevano i requisiti per fondersi molto bene e l’incastro è stato anche piuttosto divertente.

Daniele Cambiaso
Daniele Cambiaso
Non posso non citare, però, anche l’eccellente lavoro di editing finale del curatore della collana Gialli Rusconi, Divier Nelli, che ha contribuito a migliorare il risultato finale. Ci siamo divertiti a scriverlo, anche se alcuni momenti sono stati faticosi, adesso speriamo che i lettori si divertano altrettanto a leggerlo!

Avevate già condiviso un esperimento di scrittura a quattro mani, giusto?

EM: Sì, avevamo scritto insieme un racconto uscito sull’antologia “Carabinieri in Giallo”, nella collana dei Gialli Mondadori. Anche lì si trattava di una storia italiana oscura, che mischiava potere politico, criminalità e Resistenza. Ambientata su due livelli temporali, il periodo della guerra (1943-45) e gli anni Settanta.

DC: Giusto per spiegare quanto la dea Bendata sia nostra fedele alleata, va anche segnalato che con quel racconto ci siamo piazzati quarti ex-aequo al concorso che ha dato origine all’antologia. Ovviamente premiavano i primi tre! La soddisfazione della pubblicazione nella collana della Mondadori ci ha comunque ripagati ampiamente e ha costituito un bello stimolo a proseguire nella nostra collaborazione.

Domanda inevitabile: come avete impostato il lavoro in comune, e come poi si è sviluppato all’atto pratico?

DC: Partendo dagli spunti iniziali cui facevo cenno prima, abbiamo sviluppato una scaletta di massima che ci permettesse di tenere sott’occhio il lavoro comune, poi abbiamo integrato le varie parti scritte autonomamente. Chiacchierate deliranti - ma possiamo chiamarlo “brain storming”, così è più professionale – hanno preceduto, accompagnato e seguito ogni fase della lavorazione. Non di rado le facevamo a tavola, quindi devo uno speciale ringraziamento a mia moglie Raffaella che ci ha rifocillati con infinita tolleranza. Bontà sua, sostiene ancora adesso che si è divertita molto ad ascoltarci… Mah!

Voler assegnare a tutti i costi a L’Ombra del Destino una singola etichetta di genere, che non sia quella generalista di “giallo”, è sbagliato. Parlare di spy fiction è sicuramente corretto, almeno a mio avviso, ma nel testo convergono varie sfumature e caratteristiche del giallo (soprattutto di quello nero). Direi che probabilmente il sottogenere più prossimo è quello del thriller politico, che in Italia conobbe un primo significativo periodo tra gli anni Settanta e Ottanta. Voi, che ne dite?

EM: Direi che la definizione di thriller politico è corretta. Qualcuno lo definirebbe anche thriller fantapolitico, anche se di “fanta”, se si conosce la storia recente, c’è proprio poco. Gli americani lo definirebbero “conspiracy thriller”, e anche questa può essere una definizione corretta. Come ho detto in una risposta precedente, mi sento molto influenzato da quel filone di thriller politico che hai citato tu, e che secondo me è rappresentato al meglio dalle pellicole di Damiano Damiani. In quel periodo ci fu anche un romanzo di Morris West, “La salamandra”, o a un livello forse più basso alcuni film come “La polizia accusa, il servizio segreto uccide”, che parlavano degli stessi argomenti, anche se in maniera un po’ banale. Tieni conto che però la narrativa e il cinema di quegli anni era influenzata dalla Guerra fredda e dalla “Strategia delle tensione” (che qualcuno ancora nega sia esistita). Il nostro romanzo invece si svolge in un mondo che è cambiato totalmente, come dice Guidi a Stefano.

Qual è il vostro rapporto con la spy fiction? Anche da lettori, intendo…

EM: personalmente non sono stato mai un grande lettore di Spy-story (a parte Frederick Forsyth, con lo straordinario Il giorno dello sciacallo, e Le Carré, di cui amo soprattutto il primo, La spia che venne dal freddo, per le implicazioni psicologiche e “pirandelliane” della storia), mentre ho apprezzato di più alcuni film (su tutti, I tre giorni del Condor). Ma non ho mai amato la Spy-Story alla James Bond, pur con il dovuto rispetto.

Ettore Maggi
Ettore Maggi
In realtà io non sono un cultore di nessun genere in particolare (a parte forse il western), mentre sicuramente Daniele è un grande esperto di “giallo e nero” in tutte le sue sfumature.

Mi tengo lontano dalla diatriba Genere Vs. Non genere, apprezzo qualsiasi storia che abbia profondità ma che sia anche appassionante. Diffido della letteratura (come del cinema) di genere che risponde soltanto a clichè, come diffido di chi racconta storie senza storia, storie senza mordente, dove non succede nulla…

DC: E’ vero, sono un appassionato soprattutto di noir e gialli, specialmente italiani, ma devo dire che anche la spy story è un genere che mi ha sempre appassionato e ti cito subito alcuni “santoni” irrinunciabili come Ambler, Le Carré, Forsyth e Deighton, tutti presenti e in bella evidenza nella mia libreria. Ho amato molto anche John Altman e “Los Alamos” di Joseph Kanon, per venire alle singole opere, che considero pur sempre una spy story pur essendo stato pubblicato nei GM.

Devo aggiungere, però, che ultimamente sto apprezzando enormemente Alan Furst, che considero un po’ l’erede di Eric Ambler. Racconta gli intrighi dell’Europa degli anni Trenta e Quaranta con uno stile accattivante, offrendo trame di spessore e personaggi indimenticabili. Mi sono piaciuti anche “Operazione Nettuno”, il romanzo di Arno Baker apparso su Segretissimo, e “L’uomo di Brandeburgo”, di Henry Porter. Adoro, poi, Philip Kerr, anche se in questo caso non possiamo parlare di spy story in senso stretto, in quanto abbiamo una contaminazione tra generi. Ritengo, però, che nella saga di Bernie Gunther gli elementi spionistici non manchino e conferiscano un elemento di interesse molto forte. Bond? Ho visto tutti film, alcuni li amo particolarmente per la loro sublime ironia e per quell’aspetto giocoso che diventa, alla fine, intrattenimento e divertimento allo stato puro. I libri ammetto di conoscerli solo in parte, li apprezzo ma, forse, come lettore mi sento più vicino ad altri Maestri del genere.

Ci sono autori italiani molto versatili nella spy fiction (sia essa spy story più classica, sia il giallo politico, sia l’action thriller). Alcuni di essi sono legati principalmente (ma non esclusivamente) alla collana Segretissimo Mondadori (la cosiddetta Italian Foreign Legion), altri si sono proposti per altri editori. Quali sono i vostri preferiti. Quali le loro qualità?

EM: Sicuramente Stefano Di Marino: in particolare ho apprezzato Ora Zero, soprattutto per il ritmo incalzante e i continui colpi di scena. Ma tutti gli autori della IFL sono solidi scrittori, preparati e appassionati, infatti alcuni di loro riscuotono un notevole successo. Ho avuto il piacere, pur non essendo un appartenente alla “Legione”, di partecipare all’antologia “Professional Gun”, il tributo al personaggio del Professionista, uscito con Segretissimo. Lo considero un onore. Alcuni dei “legionari”, come Stefano Di Marino e Andrea Carlo Cappi, oltre che ottimi professionisti, sono anche buoni amici.

DC: Considero Stefano Di Marino un vero guru in quest’ambito. Sono particolarmente orgoglioso (e gliene sarò sempre grato) del fatto che proprio lui abbia firmato le note introduttive al nostro volume. Tra gli italiani, apprezzo moltissimo anche Secondo Signoroni e la serie del maresciallo Costa, che miscela ottimamente trame ben costruite, la giusta adrenalina e scenari sempre molto credibili. Di questi due autori non mi perdo un libro, dico sul serio. Ho apprezzato molto anche le incursioni della Fassio, nostra bravissima conterranea, e di Arona, che spero riproporranno presto qualche altro testo.

Contate di lavorare ancora assieme, visto che siete sopravvissuti alla prova; ), e con ottimi risultati?

EM: Siamo sopravvissuti al momento, poi chissà! Scherzi a parte, abbiamo molti progetti in comune, che cercheremo di realizzare presto, se ne avremo la possibilità. Lavorare con Daniele, nonostante le differenze di stili e di caratteri, è un’esperienza interessante. Noi scrittori siamo sempre un po’ egocentrici e lavorare con un’altra persona riporta la giusta equilibratura… In particolare con Daniele stiamo lavorando, in comune, a un poliziesco-mistery (un po’ ispirato a certi sceneggiati italiani del passato) nato da un mio soggetto, e un altro “thriller politico” ambientato negli anni Settanta, nato da un’idea di Daniele. Oltre a una storia di ambientazione post-resistenziale, una sorta di western…

DC: Di certo mi piacerebbe molto ripetere l’esperienza, anche perché ormai la squadra è rodata e scrivere con Ettore è sempre molto stimolante. I progetti, come ha spiegato il mio socio, non mancano, è il tempo casomai a farci difetto, purtroppo. Ma non ci diamo per vinti…

Due parole sui vostri lavori passati e sui vostri progetti futuri? Ettore?

EM: Del passato vorrei ricordare la mia raccolta di racconti uscita con Besa (Il gioco dell’inferno), sette racconti e un romanzo breve fuori dal genere, e ambientati in periodi diversi (dagli anni della Resistenza ai giorni nostri). Ha venduto poco ma ne sono molto orgoglioso. Per il futuro, oltre ai progetti con Daniele di cui abbiamo già detto, io mi sto dedicando ad alcune sceneggiature di fumetti che usciranno per una rivista in preparazione (ManiComics) e sto lavorando ad alcuni progetti, insieme a un amico sceneggiatore ed ex aiuto regista, Antonio Lusci.

Per quanto riguarda la narrativa, ho due romanzi inediti, che mi piacerebbe pubblicare dopo una buona revisione: un noir-criminale, ambientato a Genova e una sorta di “romanzo di formazione”. Inoltre mi piacerebbe sviluppare un progetto in cantiere da tempo, un altro thriller politico-storico, ancora tra cronaca criminale e Storia italiana, ambientato tra gli anni 40 e gli anni 80.

Daniele?

DC: Per quanto riguarda il passato, parto senz’altro da “Ombre sul Rex”, il mio romanzo d’esordio pubblicato nel 2008 dalla Fratelli Frilli Editore. Si tratta di un noir ambientato nella Genova del 1931, alla vigilia del varo del celebre transatlantico. Ricordo anche volentieri “Crimini di regime” e “Crimini di piombo”, due antologie di racconti ambientati durante il ventennio fascista e gli anni di piombo, che ho curato insieme ad Angelo Marenzana. Sono partite da due progetti on-line sviluppati proprio qui su www.thrillermagazine.it, quindi sono state pubblicate in formato cartaceo da Laurum e hanno ospitato racconti di fattura davvero pregevole, con presenze anche illustri. Per il futuro, sto curando l’antologia “Nero Liguria” per Perrone Lab, che dovrebbe uscire intorno a maggio. Oltre ai progetti in comune con Ettore, che aspettano solo di essere scritti, sto concludendo inoltre un romanzo ambientato negli anni Settanta in Liguria e un’altra storia noir, alla quale ho lavorato con l’amico Claudio Asciuti e sulla quale taccio per pura scaramanzia. E poi, un po’ di Top Secret ci vuole!

Siamo in chiusura. Grazie di essere stati con noi. Un saluto ai vostri lettori, presenti e futuri…

Grazie a te, Fabio, e un caro saluto ai nostri lettori. Sperando che siano in tanti…