Autori stranieri che emigrano in Italia e scrivono memoir delle loro vicende in italiano: caso raro ma sempre più frequente, cui appartiene anche Nicolai Lilin. Nato nel 1980 in Transnistria (parte della Moldavia), nel 2003 si è trasferito in provincia di Cuneo, dove fa il tatuatore grazie alle sue competenze sui tatuaggi criminali siberiani (chi ha visto La promessa dell'assassino di David Cronenberg sa di cosa stiamo parlando - vedi cinema/5703/).

Con il romanzo Educazione siberiana, l'autore-tatuatore ci porta in un mondo per molti versi alieno: quello appunto delle comunità criminali dell'est europeo. Si tratta di un mondo spesso simile a quello della criminalità organizzata nostrana, con i suoi riti, le sue famiglie, il suo codice d'onore, addirittura una certa pedagogia transgenerazionale che dà anche il titolo al libro. Non a caso, è stato Roberto Saviano uno dei primi a notare il romanzo di Lilin.

Al tempo stesso, questo romanzo a fortissimo carattere autobiografico si distanzia dalle opere basate sulle nostre mafie che possiamo aver visto in questi anni. Crudo, brutale, spietato: il mondo dei criminali "d'onore" evocato da Lilin merita questi e altri aggettivi, tanto più che tutta la storia viene vista con gli occhi di un ragazzino in formazione. Eppure, forse proprio anche a causa della lente un po' sfocata e traslucida dell'infanzia, tutte le vicende raccontate assumono anche un tono romantico, epico, quasi con un pizzico di nostalgia verso un mondo perduto dove regnavano valori autentici.

C'è di che uscirne abbastanza scombussolati, anche perché lo stile asciutto (quasi asettico e semplicistico) pompa direttamente in vena tutte le suggestioni di cui è capace l'autore. Insomma, una lettura consigliata, specie a lettori con lo stomaco forte e un cuore ancora più forte.